Scippi e furti ai danni dei giocatori del Napoli e famiglie o simili. In città scoppia – con fragore assordante – lo scandalo. Nel resto d’Italia meno. Per due ragioni ben precise. La prima che ha per oggetto la purtroppo approfondita conoscenza del fatto che certe cose capitano anche nell’intera penisola; la seconda per l’altrettanto e approfondita conoscenza che anche a Napoli la cosa non è del tutto nuova.
La cosa intesa come fatto in generale (scippi, furti e faccenduole simili) ma anche come giocatori destinatari dell’impresa.
In fondo non è il caso di mescolare la passione per la squadra con quella per quattro manciate d’oro che siano sotto forma di catenina e orologio o, se si preferisce, anche borsette e relativi contanti. Calcio è calcio e ci si veste d’azzurro. Rapina è rapina e ci si mette un passamontagna per di più nero.
Così devono aver ragionato i furfantelli in questione.
Fatto sta che si sono mobilitati, con ponderata urgenza, Procura, Polizia, Carabinieri e, se del caso, Guardia di Finanza. Manca, per il momento la Marina Militare.
In fondo devono aver pensato, i furfanti di cui si diceva, ferma la distinzione tra le due passioni, almeno con i calciatori si va a colpo sicuro, la sostanza non può mancare.
Molto più sicuri che non rapinando la vecchietta che, passo solitamente faticoso, va a farsi la spesa (magari piuttosto magra) che, al massimo, può offrire una borsetta, se del caso sdrucita, con pochi spicci di contenuto.
La vecchietta che, solitamente, è il bersaglio di quel tipo di furfanti. Bersaglio più frequente anche nel resto d’Italia che non i calciatori.
In fondo il pensiero dei furfantelli non fa una grinza. Furfanti restano ma seguendo una logica.
Logicamente furfanti, insomma.
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