Un video su Youtube, “Nuvole di Fango”, scaricato e condiviso già milioni di volte. Immagini come pugni nello stomaco: una casa-design, vuota elegante e ordinata, dove entra correndo Fedez, viso pulito, fisico curato, icona di un figlio che tutti potrebbero avere in casa. Ma è un “rapper”, e una serie di tatuaggi e piercing testimoniano un sistema estetico diverso. All’improvviso imbraccia una mazza da baseball, e inizia a distruggere qualsiasi cosa, sistematicamente, senza rabbia, senza piacere.
Nessuno lo ferma, nessuno può farlo. Il disastro matura in un totale isolamento relazionale, primo substrato per la rottura violenta di ogni rapporto. Arredi e suppellettili della stanza vengono fatti a pezzi, la tecnica slow motion sottolinea l’intensità del gesto, sino alla televisione, emblema del potere e del vecchio mondo, distrutto nell’atto di proiettare la scena stessa della distruzione in real time. Un ultimo gesto che interrompe qualsiasi comunicazione.
Stupisce la drammatica bellezza di questo racconto per immagini, in cui domina uno scollamento assoluto, valoriale e semantico, di due mondi che non si parlano. Il senso lo ritroviamo nelle parole (come schiaffi) della canzone, un linguaggio che si estende potente attraverso il tam tam dei giovanissimi: “Dammi una speranza che mi porti via da qua”.
I giovani ci stanno dicendo che il mondo che gli abbiamo consegnato non è più sostenibile. Non vogliono essere chiamati bamboccioni, questi ragazzi nati nel posto sbagliato al momento sbagliato, destinati a pagare con una vita di debiti una crisi economica creata prima che nascessero, sacrificati a non sviluppare il loro potenziale umano e sociale, obbligati a passare anni di stage a reddito zero che non condurranno a nessun lavoro, illusi da corsi di formazione professionale che ingrassano solo chi li tiene, inghiottiti dal vortice imperante del nepotismo e della corruzione.
I giovani sono il nostro futuro, la nostra energia, la nostra forza. Sono loro il nostro mondo. Vanno supportati, incoraggiati, tutelati: lo diciamo, spesso solo a parole, ma è ora di iniziare a difenderli da tutte le tagliole che noi stessi abbiamo creato intorno a loro.
Non dobbiamo permettere al marketing di corteggiare i nostri giovani come fossero mucche da mungere, di invischiarli una economia fittizia iperconsumistica intrisa di talent-show, dispositivi ipertecnologici, giochi d’azzardo e carte di debito. Quanto è assurdamente comica la retorica dello “Stay hungry, stay foolish” (Steve Jobs), quando per un giovane d’oggi è già un miraggio mantenersi e uscire di casa prima di essere già vecchio per formare una famiglia?
Non dobbiamo permettere che la politica si ricordi dei giovani solo in vista del voto, blandendoli con visioni micro-assistenzialiste (ricordate la strombazzata assunzione di giovani professionisti della innovazione digitale al Ministero della cultura? Era un tirocinio retribuito di dodici mesi per cinquecento laureati con meno di trentacinque anni su tutto il territorio nazionale) oppure con politiche economiche e del lavoro destinate ad allontanare per decenni il reale conseguimento di una sicurezza economica, di un vero ruolo sociale. Stiamo negando una generazione, e le addebitiamo di essere pigra, distratta, maleducata, poco motivata, poco responsabile.
Non dobbiamo deplorare la fuga di giovani cervelli, quando la verità è che solo chi ha una famiglia benestante e ben introdotta alle spalle, può permettersi di viaggiare e guadagnarsi un futuro (comunque, altrove)?
Con la sua denuncia su Youtube Fedez e milioni di giovani con lui chiedono spazio, attenzione. “Voi parlate spesso dei giovani e troppo poco con loro”: vogliono farci disperatamente sapere che i giovani sono capaci di interrogarsi, di sentire, di proporre, di fare gruppo, di impegnarsi, di coltivare e condividere sogni. Nonostante non ci sia “ …Niente in cui credere, intere giornate libere, senza un posacenere, solo voglia di scrivere”, i giovani hanno la forza di ripartire con tutto l’impegno di cui c’è bisogno.
Il giovane rapper ci rovescia addosso un fiume di parole: è una sfida. “Cerco una speranza per andare via da qua”. Ascoltiamolo, prima che sia troppo tardi per tutti.
You must be logged in to post a comment Login