Signore n.1 – Lei è uno scettico totale, un pessimista senza limiti. Non le sembra di esagerare? Andiamo, se fosse come dice non avremmo scampo. Significherebbe che l’umanità ha il destino segnato.
Signore n.2 – Lo confermo. Se per umanità intende il genere umano nel suo insieme, ho la sgradevole sensazione che siamo messi molto male. Non sente qualche brivido lungo la schiena sapendo che attualmente nel mondo ci sono 23.000 testate nucleari e che nazioni abituate a civettare con la morte come il Pakistan o la Corea del Nord hanno la bomba atomica? Se invece per umanità si riferisce al rispetto dei valori morali e sociali, beh, la invito a riflettere, perché su quel versante le cose vanno sempre peggio. Siamo in piena fase regressiva. Non ci sono mai state tanta violenza, confusione e ingiustizia come oggi, basta guardare un telegiornale. Cianciamo di pace e solidarietà per tacitare la nostra cattiva coscienza, ma non rinunciamo a guerre, prevaricazioni, genocidi. Gran parte delle nuove tecnologie è destinata a scopi bellici. Investiamo immense risorse negli armamenti e nello spionaggio, lasciando che nei Paesi sottosviluppati ogni anno nove milioni di persone muoiano di fame e altri venti milioni per malattia. Per non parlare della situazione climatica, sempre più tragica. Così stanno le cose, caro signore. Le pare che stia esagerando? Lei può anche opporsi a persone e idee, ma accidenti, non ha il diritto di contestare la realtà.
N.1 – Lei è nervoso come una cozza con l’alta marea. Si calmi, stiamo solo chiacchierando.
N.2 - D’accordo, le chiedo scusa. Mi sono infervorato, un po’ troppa passione civile.
N.1 - Il fatto è, a mio parere, che la nostra visione delle cose a volte diventa difficile, un po’ come individuare i confini di un banco di nebbia. Dovremmo ragionare con maggiore distacco, agganciando la realtà del momento al passato recente e, per quanto possibile, a un futuro non troppo lontano. Lei sostiene che la situazione della comunità umana è drammaticamente peggiorata, ma io le chiedo: rispetto a cosa? Pensi a com’era il mondo solo un centinaio d’anni fa. Le guerre erano un evento ricorrente, quasi fossero inevitabili, ed esplodevano dovunque, Europa compresa. Al tempo dei nostri nonni la giustizia sociale semplicemente non esisteva, i bambini lavoravano nelle miniere e nelle fabbriche, i contadini dipendevano dai latifondisti, l’analfabetismo nelle classi povere era la norma, malattie oggi quasi scomparse come la poliomielite, la tubercolosi, le infezioni, il tifo petecchiale e la setticemia post parto uccidevano milioni di persone. Tutto questo cosa significa, che siamo incontentabili? No di certo. Ma se una volta non sapevamo niente della guerra cino-giapponese o dell’eccidio degli aborigeni australiani, è un fatto che oggi siamo informati di tutto. La comunicazione è un flusso costante e globale che ormai fa parte della nostra organizzazione sociale. Viviamo, in un certo senso, in una specie di eterno presente, una dimensione dove vale sempre meno il luogo in cui siamo e sempre più quello che sappiamo e possiamo condividere. E poi c’è il futuro prossimo venturo, che sarà sicuramente migliore del presente. È così da sempre.
N.2 – Speriamo. E Berlusconi
N.1 – Difficile dire. Per adesso, sguazza nell’autocommiserazione.
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“La modernità ha individuato nel tema della coscienza una delle sue frontiere più emblematiche” (Angelo Bagnasco).
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