Carlo Carretto nasce il 2 aprile 1910 ad Alessandria, segue poi la famiglia a Moncalieri, dove il padre trova un posto nelle Ferrovie e quindi a Torino. Qui Carlo frequenta la parrocchia e l’oratorio salesiano, che celebrerà come l’ambiente meglio adatto a chi, provenendo dal popolo, vi possa trovare un’educazione concreta, essenziale, equilibrata tra divertimento e preghiera. Mentre frequenta la Facoltà di filosofia e pedagogia a Torino si iscrive alla Gioventù di Azione Cattolica, traguardo fondamentale nel suo iter di formazione: è la piccola Chiesa che lo introduce alla grande Chiesa, confortata dal nutrimento della Parola, fatta d’amicizia e di impegno. L’incontro decisivo con Luigi Gedda si verifica nel 1933. Nel 1937 diviene Presidente della GIAC di Torino e risulta membro del Consiglio superiore dell’Associazione. Più tardi con la divisione del Paese è nominato Vice-presidente per il Nord Italia: fonda circoli, si preoccupa della formazione della futura classe dirigente, organizza tutta l’attività della stampa associativa.
Nel 1940 è direttore didattico a Bona (Sassari) e segretario centrale della Sezione maestri. Nel 1942 a causa di contrasti col regime fascista è trasferito alla direzione didattica di Condove (Torino). Radiato dall’Albo per non avere aderito alla Repubblica di Salò si dedica a un’intensa attività clandestina. Nel 1946 è Presidente centrale della GIAC: vi ha acquistato un ruolo di tale rilievo che Pio XII l’11 ottobre lo chiama a dirigere l’associazione per un triennio. Il 12 settembre 1948, per l’ottantesimo anniversario della fondazione della GIAC, riesce a riunire in Piazza San Pietro trecentomila baschi verdi (è il distintivo della GIAC).
Causa l’incalzante minaccia per il Paese dell’avanzata comunista, pericolo momentaneamente scongiurato colle elezioni del 1948, vittoriose per la DC, i vertici della gerarchia e dell’AC (con Gedda già fautore dei comitati civici) promuovono un forte collateralismo tra partito e militanti nella sfera religiosa, per cui la linea di Carretto (per non parlare di Giuseppe Lazzati e dei dossettiani, che vogliono distinzione tra azione cattolica e attività politica) tesa ad affermare il primato della fede evangelica sul cattolicesimo di facciata in chiave conservatrice va divaricandosi sempre più dalle tesi della maggioranza. In coincidenza con l’operazione Sturzo nel 1952 il dissenso si fa radicale e Carretto nel settembre dà le sue dimissioni.
È l’ora del silenzio e dei molti viaggi in Siria, Libano, Grecia, India, Pakistan, Egitto, Israele, Palestina. Dopo aver letto un testo di padre René Voillaume, fondatore nel 1933 dei Piccoli Fratelli di Gesù (comunità che si ispira alla spiritualità di Charles de Foucauld) il 4 novembre 1954 Carlo Carretto si converte, a quarantaquattro anni, alla radicalità della vita contemplativa: avverte la chiamata “nel più profondo della fede, là dove il buio è assoluto e le forze umane non aiutano più … non voglio più la tua azione, voglio la tua preghiera e il tuo amore”. Si rifugia su un altopiano nell’Ovest dell’Algeria, il giorno di Natale riceve l’abito bianco simbolo del noviziato. “Dopo cinque ore di faticaccia nei campi o nel forno i Salmi ti vengono alle labbra con la dolcezza del miele”. Si inebria di silenzio e di meditazione, lontani i tempi dei raduni oceanici. La Bibbia diventa la compagna fedele dei giorni e delle notti. Nell’autunno del 1962 vede compiuta l’installazione di una nuova comunità a Marsiglia. Nel 1963 comincia a scrivere “Lettere dal deserto”: contemplazione attiva e povertà.
Dopo dieci anni di eremitaggio Carlo Carretto rientra in Italia e grazie all’amico Lionello Radi e al Vescovo di Foligno monsignor Silvestri si installa a Spello nel convento di San Girolamo con la Fraternità dei Piccoli Fratelli del Vangelo, capace di accogliere tutti, senza distinzione di razza, fede, condizioni sociali, sesso. A Spello Carretto si spegne il 4 ottobre 1988.
Di qui Carretto ha continuato a fustigare la Chiesa, amatissima, per i suoi compromessi con il potere. Unico stile nell’abbraccio con gli uomini e col mondo la povertà, la sobrietà, l’accoglienza. Dialogo con il Creato, ascolto delle domande e delle ansie degli uomini, vita contemplativa non mai disgiunta dal lavoro manuale. Una liturgia squisitamente conciliare senza compromessi con l’estetica del sacro e i ritualismi. La sua visione del laicato: fedeli, ma obbedienti in piedi, pari la dignità con i pastori nella corresponsabilità (famoso un articolo sulla Stampa del 7 maggio 1974 contro l’abrogazione della legge sul divorzio).
Giudizio di Carlo Maria Martini: Francesco d’Assisi e Carlo Carretto sono figure che vediamo accomunate nel tentativo di realizzare il Discorso della Montagna nel loro tempo, di vivere il Vangelo nel loro tempo, Bibbia in mano e vanga nell’altra. Carretto ha concepito aperture verso la specificità femminile nella comunità cristiana, ripensamenti sul celibato dei preti. Anche Papa Francesco ogni giorno sogna una Chiesa della profezia.
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