C’è un momento durante un pellegrinaggio a Lourdes in cui davvero sei ‘solo’ davanti a Maria. Accade durante il bagno nella vasca, dove confluisce l’acqua della ‘source’, la sorgente miracolosa. Ve ne sono otto per i maschi e altrettante per le donne. Vi si accede dopo tre quarti d’ora di fila, nel mio caso. Ma era il 9 di Ottobre. D’estate i fedeli sono in coda già dalle cinque del mattino.
Spogliato, entro nella vasca d’acqua gelida scendendo lentamente i gradini di pietra. I tre volontari che assistono e che ti hanno aiutato a pregare e a mettere ordine nei tuoi pensieri, ora arretrano e ti lasciano per qualche istante solo con l’acqua a metà gamba. Ed è lì, prima che delicatamente ti prendano sotto le ascelle per aiutarti nella breve immersione, che ti accorgi della statua della Madonna dinanzi a te. Incastonata nella pietra, tu e Lei. E tutto quello che avevi pensato di chiedere sino a quel momento, tutti i nomi che ti si sono affollati alla mente, tutte le tue lamentele sulla vita diventano niente dinanzi a quell’ immagine. E pensi a come si sarà sentita Bernadette davanti a ‘Aquero’, ‘Quella lì’ come la chiamava prima della Sua rivelazione sull’Immacolata Concezione.
Un pellegrinaggio a Lourdes, il nostro per i trent’anni di matrimonio, è corpo. Non solo pensiero: si canta, si va in processione dietro il Santissimo, si veglia, si accendono ceri, si beve l’acqua, si spingono carrozzelle, si accarezza la grotta, si scrivono messaggi da infilare nell’urna di lato alla statua della Vergine e, appunto, ci si immerge nelle vasche.
È forse proprio questa materialità a farne un luogo unico nella geografia dei santuari cristiani. Con i suoi cinque milioni di fedeli all’anno è la terza città per affluenza in Francia e il maggior luogo di pellegrinaggio al mondo. Supera persino la Mecca, dove pure la visita è prescritta una volta nella vita a tutti i musulmani: negli anni più affollati non raggiunge i tre milioni.
Rileggendo il bel romanzo di Franz Werfel ‘Bernadette’, scritto dall’ebreo che non si convertì al cristianesimo ma che fece voto di raccontare la storia della veggente qualora si fosse salvato dalla catastrofe della seconda Guerra Mondiale, si rimane colpiti da come Dio scelga di entrare nella storia, attraverso Maria, tramite un punto piccolo e insignificante. Una ragazzina malata, la meno considerata di Lourdes, figlia di mugnai caduti in disgrazia. Un posto, ‘tute aux cochons’, disprezzato perché abituale rifugio dei maiali della zona.
Eppure quel piccolo punto ‘salvato’ è stato in grado di reggere all’urto del nascente positivismo, a sfidare la sapienza dei saggi di allora (e di oggi), sindaci, prefetti, giornalisti, di crescere quasi a insaputa della stessa veggente, sino ad essere l’evento che ogni giorno attira migliaia di fedeli.
Un luogo dove cielo e terra s’incontrano. E non solo per la dolcezza dei paesaggi francesi a ridosso dei Pirenei. Una conca dove si respirano serenità e pace nonostante (o meglio attraverso) la sofferenza di chi vi giunge anche per chiedere il miracolo dalla guarigione.
Ma non mi sento di dire che ciò sia la prima cosa che viene chiesta: anche se in sessantasette casi è accaduto. Il primo miracolo che si riceve a Lourdes è dire sì a ciò che accade. Come per la piccola Bernadette di fronte a ‘Aquero’. Come per i piccoli e grandi miracoli che la realtà ci riserva ogni giorno.
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