Ruggisce la notizia che il Papa sarebbe nel mirino della mafia.
È “Il Fatto Quotidiano” di mercoledì 13 a strillare in prima pagina l’avvertimento, per bocca di un sostituto PM di Reggio Calabria, Nicola Gratteri. Rilancia la rassegna stampa di Rai News 24, che così mi desta dal torpore mattutino. Quando vado sul sito del “Fatto”, tuttavia, la notiziona è relegata in un angoletto, nemmeno cliccabile. Colpisce però il virgolettato “Il Pontefice vuole fare pulizia, ma questo non piace alla ‘ndrangheta. Chi si è nutrito del potere della Chiesa è nervoso. Se i boss potessero, gli farebbero lo sgambetto: è un pericolo” .
A sera l’aggiornamento la porta in prima pagina anche sul web. Prendo nota del mal di testa dei boss, suggerisco aspirina e valium, anche a Gratteri e ai redattori del Fatto e passo oltre.
Mi ricordo, però, di una singolare riflessione di Mario Sechi sul “Foglio” di sabato 2 novembre: “Il diavolo sia con noi”, dove prende spunto da una omelia di Papa Francesco che spiegava: “la presenza del Demonio è nella prima pagina della Bibbia e la Bibbia finisce con la presenza del Demonio, con la vittoria di Dio sul Demonio”. Tutta la Bibbia, scrive Sechi, è il racconto di un “agonismo cosmico”, di una lotta senza quartiere tra bene e male, destinata a durare fino alla fine, senza che mai l’uomo possa risultare, da solo, vincitore.
Come mai questo papa rivoluzionario, che condanna i corrotti, che inquieta i mafiosi a dispetto dei santini che tengono nei loro bunker, che riforma la curia, lo IOR e ne smonta gli apparati collusi con la mala finanza, rientra così bruscamente nella tradizione?
Come mai arriva a smentire i raffinati “nuovi teologi” della modernità della Chiesa che “scambiano la fede e la tradizione per un legno storto da raddrizzare a loro piacimento” e hanno finora goduto fisicamente ad ogni apertura, ad ogni temerario dialogo con il mondo, ad ogni calcetto negli stinchi delle più banali consuetudini clericali?
Sconcertato lo sono un po’ anch’io, abituato dai tempi del liceo a stare a scuola da Sant’Agostino e a considerare il male come una mancanza di essere e non un principio manicheo. Ma rifletto, a partire da una citazione di Papa Francesco, riportata da Sechi: “Con il principe di questo mondo non si può dialogare”.
Anche Gesù prova a dialogare con tutti, pubblicani, prostitute e farisei compresi, ebrei e gentili, ma con il demonio no, lo scaccia e basta. Non c’è male che non sia sanabile, da quello fisico a quello morale, risana, risuscita e, soprattutto, perdona: l’adultera, Pietro. Chiama a sé Matteo il pubblicano e Saulo il fariseo, persecutore dei cristiani.
Chi è dunque il nemico? C’è un nemico assoluto, un male assoluto?
Se facessimo un sondaggio, quasi tutti direbbero di sì, suggerendo ciascuno il loro nemico assoluto: il nazismo, il comunismo, la shoah, l’integralismo islamico, il capitalismo, l’occidente, la finanza, la mafia, appunto… e non fatemi scendere alla cronaca.
Ma allora anche Gesù e non solo la Chiesa sono collusi? E come la mettiamo con il precetto di amare i nemici e di pregare per loro?
Il nemico non è mai l’uomo, né un singolo, né un gruppo etnico o sociale, né un potere politico né il potere come tale. Nessun prodotto dell’azione dell’uomo, del suo ingegno, della sua libertà è, come tale, il male e nessun uomo è mai definitivamente perduto. Lo dice quel tale che andava a mangiare con pubblicani e prostitute e che ha perdonato i suoi crocifissori e che, se oggi raccontasse la parabola del pubblicano e del fariseo, forse non scambierebbe le parti, oggi potrebbero essere un mafioso e un giornalista anticasta, per contribuire ad educare alla legalità.
Se anche il nemico va amato, sarà necessariamente in forza di qualcosa di più grande del suo peccato. Altrimenti, che salvatore sei, se salvi solo quelli che se lo meritano, cioè nessuno? E se da solo non ce la fai ad amare il tuo nemico, come è ovvio, devi avere un supporto diverso.
È per questo che non posso pensare alla Chiesa come a una società perfetta, ma di umani, umanamente parlando. E sicuramente non lo pensa nemmeno Papa Francesco, che vuole la riforma dei cuori, la conversione a Cristo e non certo la compliance a una giustizia canonica o mondana, a una coerenza teologica, a una morale convenzionale. Quindi non ci sono nemici che non possano essere amati, cercati e, se lo vogliono, accolti e perdonati.
Ma IL nemico sussiste ancora, benché già vinto. Qui saremmo costretti ad addentrarci nel mistero della salvezza personale, per la quale i meriti della croce di Cristo sono efficaci e determinanti, ma insieme richiedono un atto di libera adesione della persona. È qui che “l’agonismo cosmico” ci coinvolge tutti, dai cardinali di curia all’ultimo peccatore e ci fa “essere Chiesa” tutti, è qui che l’azione dello Spirito e la genialità umana di Jorge Mario Bergoglio coinvolgono tutti, anche me nell’agone cosmico, dove si amano i nemici e si resiste al “Nemico”, dove il cammino della salvezza personale e la missione della Chiesa si congiungono. Non posso fare a meno di pensare che l’insistenza con cui il Papa chiede di pregare per lui si radichi nella consapevolezza di questa unità.
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