In Italia, diceva l’umorista Marcello Marchesi, la via più breve tra due punti è il ghirigoro. E chi ha progettato la circonvallazione di Varese lo ha preso sul serio. Chi infatti arriva dal ponte di Vedano deve fare un giro su se stesso prima di poter proseguire e inserirsi sulla rotonda che può portarlo a Varese o a Malnate oppure proseguire dritto verso la Valceresio. Certo si può dire che quella giravolta apparteneva al progetto originario, peraltro ancora valido, che prevedeva la prosecuzione della superstrada verso il valico di Gaggiolo. Ma sono almeno dieci anni che l’opera è ferma a questo punto e, con i chiari di luna finanziari attuali, ce ne vorranno almeno altri venti prima che qualcosa si muova. Allora una domanda: perché non si è tenuto conto delle possibilità operative al momento della realizzazione di quest’opera lasciando che la strada andasse diritta e rinviando la costruzione dello svincolo alla realizzazione effettiva della nuova superstrada?
È una vicenda questa che fa il paio con il ponte costruito vent’anni fa sul raccordo autostradale Gazzada – Varese, un ponte per la cui realizzazione è stata bloccata per due anni la circolazione e che è costato alcuni milioni, un ponte che non è mai stato utilizzato e che rimane chiuso e transennato fin dal primo giorno. Anche per questo tratto di strada la ragione è che si sarebbe dovuto realizzare il raddoppio del raccordo fino allo svincolo che porta su via Gasparotto, ma per i quattrocento metri di strada mancanti, ovviamente, non si sono trovati più i soldi. Ma perché si è iniziata un’opera, spedendo milioni, se non si aveva fin dall’inizio la certezza finanziaria di poterla concludere?
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