C’era una volta un re. Il suo immenso regno comprendeva pianure e foreste, montagne innevate e deserti, fiumi e giungle lussureggianti. Era un re forte e risoluto, un guerriero impavido che teneva a bada i nemici e garantiva al suo popolo pace e prosperità. I sudditi lo ammiravano per il suo prestigio e lo temevano per l’inflessibile rigore delle sue leggi. Ogni giorno riceveva ministri, generali e amministratori che lo informavano delle novità e gli sottoponevano i problemi più urgenti. Nelle situazioni complicate si rivolgeva al suo consigliere, un vecchio di poche parole dalla figura esile e dallo sguardo luminoso, vestito sobriamente, che viveva in una capanna di giunchi non lontano dal palazzo.
Una mattina, all’improvviso, un corvo svolazzò gracchiando nella stanza del re, che in quel momento era concentrato nell’affilatura della sua scimitarra. Colto alla sprovvista, il re fece un movimento falso e la lama affilata come un rasoio gli troncò di netto il mignolo della mano sinistra. Dopo le cure del medico di corte, mentre i servi ginocchioni e con mani tremanti ripulivano il marmo dal sangue regale, arrivò il consigliere. “Hai visto cosa mi è capitato?”, disse il re. “Del dito non mi interessa, ne ho altri nove. Ma non sopporto di essermi distratto, mutilandomi da solo. Sei il mio consigliere, cosa mi dici?”. “Maestà, sono dispiaciuto”, rispose il vecchio con dolcezza. “Ma non ti preoccupare. Tutto ciò che avviene, se hai fede in Dio, avviene per il meglio”.
A quel punto, con un balzo da tigre ferita, il re raggiunse il gong, afferrò la mazza e batté una serie di colpi che fecero tremare il vasellame e annichilirono i servi. Pochi secondi dopo cinque guardie con le spade sguainate varcarono la soglia. “Prendete quest’uomo”, ringhiò il re puntando verso il consigliere la mano fasciata. “Voglio che sia rinchiuso nella cella più buia e umida e che ci resti a pane e acqua fino a nuovo ordine. Avrà tutto il tempo per riflettere su quello che ha osato dire, mancandomi di rispetto con la sua imperdonabile leggerezza”. Il consigliere non replicò. Rivolse al re uno sguardo serafico, lo salutò con un breve inchino e si lasciò portare via.
Passarono i giorni, le settimane, i mesi. La mano del re piano piano guarì, la ferita si cicatrizzò e giunse il tempo che tutti aspettavano: quello della grande caccia al cervo. Ogni anno, alla fine dell’estate, quando il caldo si faceva più sopportabile, cominciavano i preparativi. Era l’evento dell’anno.
(1- Continua nell’edizione di sabato prossimo)
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