L’ex caserma Garibaldi e l’ex collegio Sant’Ambrogio saranno privilegiati nella rifondazione urbanistica varesina, se rifondazione (chissà mai) verrà. Il governatore lombardo Maroni promette di cambiare aspetto, funzioni, magari e perfino prospettiva alla piazza Repubblica. Carezza l’idea di volgerla in luogo di servizio e svago, d’accoglienza e conforto, di rappresentanza e prestigio, infine e naturalmente di massima sicurezza. L’auspicio è che l’impegno venga mantenuto, perché l’esperienza insegna a diffidare delle ambizioni progettuali: le parole d’ottimismo sono apprezzabili, i fatti ancora (enormemente) di più.
In piazza Repubblica, nell’ultimo trentennio, ne sarebbero dovuti accadere numerosi: la costruzione d’un edificio a torri nel corner dove una volta insisteva il capannone Liberty del mercato coperto, poi sostituito dalla struttura transitoria (una transitorietà che dura da un sacco d’anni) del teatro-pallone; il restauro o l’abbattimento del rudere militare all’incrocio con via Magenta per trasferirvi una sede culturale polivalente, in cui ospitare auditorium, centro congressi, sale per mostre, biblioteche e via elencando; la riqualificazione totale dell’area a selciato – quella che sta sopra il maxiposteggio – immaginandone un diverso assetto sia di murature sia di verde sia di spazi idonei a essere frequentati. Più altro ed eventuale: un segno unitario, una sorta di speciale logo di quartiere, che amalgamasse i diversi esercizi commerciali; un differente distribuirsi del traffico, prevedendo la circolarità dei flussi attorno alla zona pedonale così da facilitare ingresso e uscita dal park; un recupero di tradizione nell’agorà storica, restituendola alle bancarelle degli ambulanti.
Un pacchetto di condivisibili ispirazioni, però rimasto avvolto nel cellophane dell’indugio. Dell’incertezza. Dell’indecisione. Intanto, mentre la piazza si dequalificava come luogo di utile e gradevole fruizione civica, il suo profilo d’importanza s’accresceva con l’insediarsi del blocco universitario, senza tuttavia che vi facesse seguito alcun adeguamento opportuno e razionale. Sicché non ci fu sorpresa alla notizia del trasloco bizzozerese delle aule, e c’è rassegnazione alla volontà di trasferire il rettorato.
Ora il presidente regionale annuncia di voler comunque dare un destino a ciò che rimarrà dell’ateneo insubrico, e anzi pone l’intervento come condizione irrinunciabile per il rilancio del luogo. È una buona notizia, con sperabile seguito di ottimizzazione. La città, delusa e scettica, ha bisogno di conservare simboli e riferimenti, autorevolezze ed orgogli, e sommamente ne ha in un sito non qualunque del suo territorio. Ha ragione, a tale proposito, chi suggerisce di riflettere anche in merito alla collocazione del monumento ai Caduti di Enrico Butti, posizionato alle origini in piazza XX Settembre e poi spostato nell’attuale parte alta di piazza Repubblica. Se ne potrebbe ipotizzare non certo il rimando di fronte all’ex Politeama, apparendo del tutto inadeguato a simile causa artistica l’habitat odierno; ma la traslazione nel cuore d’una piazza Repubblica di ripensata cifra identitaria, senz’altro sì. Esprimerebbe finalmente e per intero la sua maestosità etica, facendone partecipi i varesini e i forestieri. Un bel segnale, in questa brutta epoca.
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