Paul is back finalmente. A sette anni da Memory Almost Full (2007), McCartney torna nei negozi di musica con un album di nuove canzoni: New. È il suo sedicesimo album. Paul ha l’età di settantun anni. New permette di ascoltare, però, una musica di un apparente giovincello.
C’è un riferimento varesino che non posso non avvertire nella luminosità della copertina del disco. Del rapporto tra Macca e l’arte abbiamo letto, visto e sentito molto. Abbiamo potuto apprezzare un suo catalogo di tele (che riportano le lezioni avute da Willelm De Kooning), notizie della sua passione per René Magritte (alla cui opera che collezionò si ispirò per identificare la mela verde logo della Apple records), l’amore per Picasso (grand old painter) e ora un segno dell’ammirazione verso le installazioni Dan Flavin.
La copertina dell’album New riporta la fotografia di una installazione luminosa dell’artista visuale Ben Ib ispirata come detto dall’opera Dan Flavin. Ebbene, opere di Dan Flavin furono acquistate in numero considerevole da Giuseppe Panza di Biumo, e alcune sono ospitate in modo permanente a Varese a Villa Panza-FAI dietro concessione del Guggenheim di New York.
Trattando non solo di quello che si vede sulla copertina ma di quanto si sente nel CD, devo dire che l’impressione ricevuta dall’ascolto dell’album è assai piacevole. Paul propone quattordici nuove canzoni prodotte da quattro diversi produttori.
Egli – leggiamo nelle note introduttive del nuovo album – aveva paura di confezionare un disco monocorde ma l’operazione di allestire un’opera varia e per certi versi anche veloce ed esaltante è secondo me riuscita.
Quattro sono i produttori: Paul Epworth (Adele); Mark Ronson (Amy Winehouse); Giles Martin, figlio di George, produttore e “quinto Beatle”; Ethan Johns (Kings of Leon, Ryan Adams), il cui padre Glyn aveva lavorato con i Beatles della Get Back session, con i Rolling Stones e con gli Who. Non ci si faccia confondere dal singolo New, che richiama i Beatles, o dalla ballata pianistica Stuggle che pretende l’accensione degli accendini del pubblico astante. Paul non ha paura di scontentare gli affezionati. Li vuole, anzi, stupire: non si nasconde dietro il nome di Fireman (pseudonimo di tre album), ma ne utilizza la scrittura innovativa in prima persona (si senta a proposito l’hip hop e l’elettronica di Appricciate con riferimento ai Talking heads).
Early days ricorda un poco The song we were singing (Flaming pie 1997) ma non posso non parlare delle apprezzabili, convincenti, inaspettate e sostanziose Save us (energico rock ‘n’ roll), Queenie eye, Everybody out there (dal ritornello che rimane in testa), I can bet (un po’ psichedelica), Turned out. Get me out of here ricorda periodo pre Wings ma ci sono anche riferimenti ai Wings migliori, quelli per esempio di Venus and Mars.
Macca aveva già dimostrato con il precedente Chaos & Creation in the Backyard, prodotto da Nigel Godrich dei Radiohead (2005) di non aver paura di accontentare un pubblico di giovani che negli anni 60 non era neppure stato pensato. Di New ne consiglio senza timore l’acquisto.
Concludendo si può ritenere questa una prova dei produttori e non di Paul? No! Lui si dimostra capace, se stimolato a dovere (e Flowers in the dirt con Costello è una prova), di raggiungere vette molto alte sorprendendo il suo pubblico. I produttori con esperienze e capacità diverse sono soltanto un bonus
A chi sostenesse, invece, il contrario, risponderei forte e chiaro: in ogni canzone di New c’è un riferimento alla talentuosa lezione che McCartney ha impartito in anni di attività e che è riconoscibile in dozzine di ricami vocali e di chitarre sia acustiche che elettriche come di azzeccati cambi di ritmo.
Adattando a mio uso una pubblicità televisiva, insomma, direi: sentire per credere.
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