Ha tenuto banco per parecchi giorni e non finirà in soffitta, come molte altre notizie di rilievo, la vicenda del grande chirurgo della mano ripetutamente bocciato a concorsi direttivi indetti dall’Università dell’Insubria.
Il fatto è indubbiamente clamoroso e lo ha portato alla ribalta il Corriere della Sera al quale il protagonista, il professor Marco Lanzetta, in attività a Monza, si è rivolto sottolineando che dopo ogni bocciatura ha presentato ricorso al TAR che invariabilmente gli ha dato ragione: per i giudici ci sono stati errori commessi dalla commissione esaminatrice.
E sempre la giustizia amministrativa, vale a dire oltre al TAR anche il Consiglio di Stato, ha dato torto ai vincitori dei concorsi davanti a Lanzetta che a lei si erano appellati stufi delle rimostranze del collega collezionista di trombature.
Questa in estrema e perfettibile sintesi la storia che ha visto forti reazioni da parte della intera comunità varesina, compresa quella scientifica, schierata a favore dell’Università dell’Insubria e del suo rettore, Renzo Dionigi.
Dopo polemiche vivacissime e spiegazioni date dall’Università e da grandi firme accademiche, i duellanti sono rimasti sulle loro posizioni lasciando peraltro la porta aperta ai dubbi di qualche osservatore in ordine alla validità al cento per cento delle rispettive contrapposte tesi.
Per esempio il professor Lanzetta non avrebbe mai contestato, prima di affrontare l’esame, le commissioni che poi lo avrebbero bocciato e questo a partire almeno dal secondo round; silenzio anche dopo che l’ateneo aveva sostituito il presidente della commissione che per due volte aveva freddamente “segato”, proprio lui chirurgo di fama mondiale avendo effettuato i primi riusciti trapianti di mano. Dalla parte di Lanzetta ci sono peraltro anche i ripetuti pronunciamenti della magistratura amministrativa, corpo giudiziario non abitato da pretori d’assalto.
L’Università ha intanto rivendicato l’assoluta indipendenza di giudizio e di azione delle commissioni, organo amministrativo nettamente separato dall’ateneo, e respinge quindi ogni attacco alla sua correttezza, in qualche misura messa in dubbio se sono state chieste le dimissioni del rettore.
Autorevoli esponenti dell’ ateneo hanno poi spiegato le ragioni delle clamorose multiple bocciature: il concorso non è mai stato indetto per un chirurgo della mano, ma per un clinico ortopedico e traumatologico, ecco il punto d’origine di un equivoco che si sarebbe protratto e forse non chiarito nemmeno in sede di giustizia amministrativa.
Per la prima volta ho visto in difficoltà amici giornalisti di testate nazionali: non se la sono sentita di seguire il Corriere colpevolista – massiccia monodose di accuse, nessuno spazio per la difesa, finale con fucilazione alla schiena e senza i conforti religiosi – e pur essendo i colleghi anche attenti alle decisioni dei magistrati si rendono conto che solo degli improbabili sani da legare avrebbero perseverato nella scelta delle bocciature a raffica di un medico prestigioso.
Per la città e anche per quei medici che non hanno in grande simpatia l’ateneo e il rettore non ci sono stati dubbi: hanno fatto quadrato attorno alla realtà accademica.
Il vostro cronista, che per antica scuola non è mai stato uno dei plauditores delle istituzioni, riconosce la tradizionale indipendenza delle commissioni dei concorsi nostrani, ma non troverebbe difficoltà a spiegare, a livello accademico nazionale, l’attività di parentopoli e raccomandifici vari che anche di recente hanno scosso l’opinione pubblica.
Se sto alla larga dal potere non dimentico mai quanto di utile alla comunità viene fatto. E così in questa occasione ho ritenuto giusto ricordare i grandi meriti di Renzo Dionigi come papà dell’Insubria, senza peraltro sminuire la delicata vicenda che è molto importante in linea di principio, ma forse senza danni per la nostra comunità. Infatti le mani degli infortunati, anche gravi, al nostro ospedale vengono curate bene sin dai tempi di Ermanno Montoli.
Certo, il professor Lanzetta sarebbe stato un acquisto strepitoso, adesso però per lui si menano le mani e non sono schiaffoni da poco quelli che volano. Una rissa apparentemente ancora senza arbitro e sul cui esito non è facile fare previsioni vista anche la durezza delle singole posizioni. È una guerra tra persone molto intelligenti, ma in qualche situazione può accadere che insuperabili impuntature facciano correre il pensiero ai formidabili muli della mitica artiglieria alpina. Sia chiaro che lo dico con tutto il rispetto. Anche per i muli.
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