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Politica

LA PRIMAVERA ARABA NON È FINITA

CAMILLO MASSIMO FIORI - 25/10/2013

Quella che è stata chiamata la “primavera araba” è sicuramente fallita ma probabilmente ha cambiato il mondo arabo. Essa avrebbe dovuto introdurre in Medio Oriente un ordine politico più democratico ma, in effetti, i beneficiari sono stati gli islamisti decisi a imporre la “sharia”.

In Tunisia il governo autoritario di prima è stato sostituito da un esecutivo di matrice islamista che è tuttora contestato da una parte della popolazione; In Libia, come in Iraq, dopo l’abbattimento del dittatore la violenza dei gruppi “jiadisti” estremi si sta diffondendo rapidamente coinvolgendo anche il Malì e il Niger. In Egitto la folla ha ottenuto la fine di una dittatura appoggiata dall’esercito ma, due anni dopo, è nuovamente scesa in piazza per chiedere la restaurazione, in opposizione al governo di Mohamed Morsi, eletto democraticamente, ma che aveva tradito la volontà popolare appoggiando la linea integralista dei Fratelli Musulmani. Al Cairo il massacro è diventato una prassi normale. Ha scritto il giornalista Vincenzo Emanuele Parsi del “Sole 24 Ore”: “Questa metà del popolo egiziano ci ricorda che la democrazia non può ridursi alle mera espressione del voto ma è anche fatta di separazione dei poteri, di osservanza delle diverse competenze istituzionali e, soprattutto, di rispetto per quei diritti inalienabili per servire i quali le istituzioni sono state inventate”.

In Siria infuria una guerra civile sempre più settaria, ma la possibilità di un intervento dell’Occidente per rovesciare il dittatore è stata impossibile sia per l’appoggio della Russia e soprattutto perché l’opposizione è stata presa in ostaggio dal movimento “jiadista”; Bin Laden è morto ma l’organizzazione terrorista Al Quaeda è ben viva. Inoltre il presidente Assad ha aderito alla richiesta americana di distruggere i depositi di gas usati contro la popolazione.

All’inizio della protesta popolare nei Paesi Arabi del Mediterraneo c’era la denuncia dell’autoritarismo e della miseria provocata dalla situazione economica e la richiesta di diritti civili e delle riforme. Successivamente sono emerse altre cause di conflitto tra i sostenitori di una “identità nazionale araba” e quelli che vogliono invece una “identità religiosa islamica”.

Una seconda causa conflittuale è la differenza tra gli abitanti delle città e quelli della campagna, i primi più aperti e i secondi più tradizionalisti e, infine, ha contribuito alla degenerazione della lotta il conflitto tra Sunniti e Sciti che da sempre divide il mondo musulmano.

Considerata l’ampiezza e la profondità di queste divisioni che attraversano le società arabe si sarebbe portati a credere che la democrazia non ha futuro in questi Paesi. Questa prospettiva negativa è però contestata dalla autorevole studiosa dell’Islam Ayaan Hirsi Ali, di origine somala ma residente negli Stati Uniti sulla base di alcuni elementi obiettivi. In primo luogo il tribalismo di queste società non è più forte e coeso come un tempo; le persone hanno trovato altri legami al di fuori della tribù di appartenenza e sono ora in grado di sfidare le tradizionali forme di autorità in modi impensabili fino alla precedente generazione.

Lo stesso fascino dell’Islam radicale si è indebolito dopo le prove e le angherie che la gente ha dovuto subire nei Paesi in cui gli islamici sono andati al potere: non è più scontato che la “sharia” si la risposta più adeguata ai problemi emergenti. L’emergere di gruppi finora oppressi, come le donne e le minoranze religiose, stanno poi cambiando i rapporti di forza tra le varie componenti sociali.

Infine l’atteggiamento degli occidentali verso il mondo arabo è cambiato: l’America non è più disposta, per difendere i suoi interessi economici, a sostenere i governi autoritari della Regione se non sono legittimati dai popoli.

Anche i cittadini dei Paesi arabi stanno cambiando atteggiamento: sono sempre critici verso l’Occidente ma, a causa dell’emigrazione e grazie alle telecomunicazioni, gli arabi in particolare e i musulmani in generale hanno contatti più intensi con l’America e l’Europa, non condividono il modo di vita occidentale ma vedono come funzionano effettivamente le nostre libere istituzioni politiche.

Questi cambiamenti non sono ancora sufficienti per creare in Medio Oriente le condizioni per la libertà e la democrazia ma sicuramente questi popoli non potranno ritornare ai vecchi tempi.

C’è stata una grande svolta nel mondo arabo che gli occidentali farebbero bene a non sottovalutare.

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