Le cronache giudiziarie riferiscono che nel 2006 l’ex ministro per gli affari regionali Raffaele Fitto è stato indagato dalla procura di Bari in relazione a un cospicuo finanziamento (cinquecentomila euro) alla lista “La Puglia prima di tutto”, creata dal parlamentare in occasione delle elezioni regionali del 2005. I magistrati avevano fiutato un marcato odore di tangente e in base alle indagini svolte dalla Guardia di Finanza avevano chiesto alla Camera dei deputati l’autorizzazione all’arresto di Fitto: puntualmente respinta – cane non mangia cane – quasi all’unanimità (457 voti su 462 presenti in aula).
Tre anni dopo la procura ha chiesto il rinvio a giudizio di Fitto, ritenuto colpevole di associazione per delinquere, peculato, concussione, corruzione, falso, abuso d’ufficio e finanziamento illecito ai partiti. Il 12 febbraio di quest’anno Fitto è stato condannato in primo grado a quattro anni di reclusione e a cinque di interdizione dai pubblici uffici. Prima del processo, Raffaele Fitto – gli occhietti guizzanti di sdegno sul volto da giovane cameriere indolente – non ha mancato di definire i magistrati inquirenti “un manipolo di legionari”.
Un’altra innocente vittima dell’ingiustizia di Stato? Un uomo abbattuto, incenerito dalla proterva ostilità della magistratura politicizzata? Per niente. Qualche giorno fa Fitto ha distrutto un mito plurimillenario. Adesso la Fenice, il favoloso uccello dalle sembianze aquiline sacro agli egizi, al suo confronto è un gallinaccio spennacchiato. Tra lo svolazzo plaudente e scomposto di falchi e altre specie ornitologiche più o meno rapaci, Raffaele Fitto risorge e lancia la sfida ad Angelino Alfano, proponendo l’azzeramento di tutti gli incarichi di partito e l’immediata convocazione di un congresso straordinario del PDL. Un po’ come dire: la guerra dei vent’anni è finita, il pavone Berlusconi ha smesso di fare la ruota, Angelino sarà pure un bravo ragazzo ma gli manca il quid, e voi saltellate sul ghiaccio sottile, perciò se non volete andare a fondo date retta a me e accodatevi, saremo i “lealisti”.
Bisogna riconoscere che da un punto di vista ideologico l’evocazione della lealtà – in questo caso verso Berlusconi e il berlusconismo – ha un senso. In teoria la lealtà nobilita le scelte, le sacralizza, legittima l’azione dei seguaci e abbassa il livello etico di chi non ha la forza d’animo né il coraggio di essere fedele. Ma non è detto che funzioni, perché in pratica il serial è finito e sono in aumento gli spettatori stufi: della viperessa Santanché, del salivante Gasparri, del cupo poetastro Bondi, del macellaio Verdini, del Minzolini detto “mazzancolla”, dell’invasiva Biancofiore, del permaloso Brunetta. Hanno fatto il loro tempo, non sono più così divertenti e probabilmente non frequenteranno ancora per molto casa Berlusconi. Certo, se il cane Dudù, non potendo azzannare alle caviglie l’odiato Capezzone, considerasse i polpacci di Raffaele Fitto, allora chissà…
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Uno dei grandi dubbi si è finalmente e definitivamente dileguato: la gallina è nata prima dell’uovo. Lo dice la Bibbia (Genesi, 1: 20-22).
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