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Libri

L’OSSESSIONE FUTILITÀ

CESARE CHIERICATI - 11/10/2013

“La televisiun la g’ha na forsa de leun / la televisiun la g’ha paura de nisun / la televisiun la t’endormenta come un cuiun”. Metà anni ’70, “Quelli che…” una dei tanti imperdibili, ironici assoli del mai troppo rimpianto Enzo Jannacci sulla TV, il medium che più di ogni altro ha caratterizzato la seconda metà del novecento sommandosi alla carta stampata, al cinema, alla radio, mutuando dagli altri media linguaggi, stili, palinsesti, pregi e difetti. Comunque sia una rivoluzione che ha condizionato e influenzato i costumi, la cultura, la politica, gli stili di vita e che ha provocato di riflesso attente analisi di studiosi di alto profilo e di fama planetaria come Barthes, McLuhan, Eco, Popper tanto per citarne alcuni.

Alla vasta e variegata letteratura in materia si è aggiunto qualche mese fa un libretto di Bollati Boringhieri con un titolo semplice “Televisione”, firmato da Carlo Freccero, uno che ha il non trascurabile pregio di aver studiato la TV facendola, realizzandola nella sue diverse declinazioni: da quella commerciale al servizio pubblico (oggi dopo Rai2 dirige Rai4) con importanti escursioni fuori dai patri confini a France2, France3 e la Cinq. Uno insomma che ha conosciuto da vicino sia la TV pedagogica di servizio pubblico, quella alimentata con il canone e che nei lontani anni sessanta un raffinato intellettuale francese come Regis Debray non esitava a definire “un complemento della pubblica istruzione”, sia quella commerciale, dominatrice della scena americana, il cui fine è da sempre stato quello di incrementare i consumi, al punto che una nota agenzia di ricerche di mercato giunse a definire “la famiglia come l’insieme delle persone che consumano in comune”.

In definitiva due strade radicalmente divergenti che nel tempo hanno finito però per intrecciarsi a vicenda nel progressivo prendere atto, sostiene Freccero, che “caratteristiche dell’età della stampa sono la razionalità e il rigore. Caratteristica dell’era della televisione è il divertimento”. Tesi autorevolmente sostenuta già negli anni ottanta da un acuto osservatore dei media, l’ americano Neil Postnam, nel saggio “Divertirsi da morire. Il discorso pubblico nell’era dello spettacolo”. Una peculiarità del medium generalista in quanto tale, sostiene ancora Freccero perché “La TV ci bombarda di messaggi ma, porgendoceli insieme, senza organizzazione alcuna, tende a porre sullo stesso piano il futile e il drammatico, la notizia seria e il pettegolezzo senza senso. “Una tendenza cha ha contaminato persino i telegiornali – alcuni più di altri – e ha fatto della moltiplicazione all’infinito dei “talk show” l’asse portante dell’informazione televisiva d’approfondimento con le risse, gli scontri verbali, le sceneggiate, costruite ad arte, come spezie per insaporire il piatto. E confinando nelle periferie dei palinsesti, cioè ad ore impossibili (salvo eccezioni tipo Report) réportage, inchieste, documentari, analisi e testimonianze.

Una scelta imposta dall’imbarbarimento culturale, che esiste eccome? Non necessariamente, piuttosto suggerita dal mercato ovvero dall’audience e dallo strumento che empiricamente lo misura, l’Auditel, e che determina l’appetibilità pubblicitaria dei palinsesti. Un percorso che di fatto rende, almeno in Italia, abbastanza indistinguibile la TV pubblica dalle reti commerciali con la conseguente annosa domanda se ha ancora senso pagare il canone per averlo il servizio pubblico così come oggi viene gestito e proposto.

Tuttavia negli anni 2000 la TV conosce una nuova svolta epocale con la rivoluzione del digitale terrestre moltiplicatore di canali, l’incrocio con il computer, internet, youtube, i social network, le web tv, i telefonini, i canali tematici, i giornali online tutti strumenti che concorrono a destrutturare i palinsesti tradizionali e offrono nel contempo la possibilità di costruire invece palinsesti personalizzati. Una tendenza già largamente diffusa tra i giovani ormai “geneticamente” predisposti alle nuove tecnologie. È su questo grande meticciato mediatico che si giocherà il futuro della comunicazione, compresa la possibilità di un nuovo servizio pubblico televisivo, sostiene Freccero.

Carlo Freccero, “Televisione”, Bollati Boringhieri, Trebaselghe (Pd.), euro 9

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