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Libri

LA VITA DI MARIA

PIERO VIOTTO - 18/10/2013

Pubblichiamo alcuni brani tratti dal volume “La Vita di Maria secondo M.D. Philippe” di Piero Viotto, Edizioni Studium che è stato presentato Giovedì 10 ottobre presso la Biblioteca Civica di Varese. Il volume ricostruisce nei particolari la vita di Maria, Madre di Gesù, dalla Immacolata Concezione all’Assunzione in Cielo, sulla base dei numerosi scritti che il filosofo e teologo domenicano, Marie-Dominique Philippe (1912-2006) ha dedicato a questa tematica, partendo dalle opere di Luigi Maria Grignon de Monfort e di Massimiliano Kolbe.

L’esegesi delle Sacre scritture  può essere condotta a livelli diversi, come semplice lettura dei testi nel loro sviluppo storico, come analisi teologica per riscontrare i contenuti della fede, o  come lettura spirituale per la propria edificazione. Marie Dominique Philippe nel commentare il Vangelo di Giovanni scrive “La parola di Dio ha infiniti sensi, essa ha un senso che tutti possono comprendere e sotto il soffio dello Spirito Santo essa può prendere per noi un significato improvviso, più profondo, e noi scopriamo il segreto che Cristo stesso vuole trasmetterci attraverso questo significato”.

Qui siamo ad un livello superiore di teologia mistica, che non implica solo la virtù teologale della fede, come la teologia scientifica,  ma richiede l’illuminazione dei doni dello Spirito Santo… È in questa ottica,  filosofica, teologica e mistica che dobbiamo meditare le riflessioni di padre Philippe su Maria, che insieme a suo Figlio, rappresenta  il vertice dell’evoluzione umana. In Maria, che è una creatura, l’umanità ha raggiunto il punto estremo della sua realizzazione, perché non ci potrà mai più essere una donna così perfetta.

L’Immacolata Concezione è l’unico mistero che sia stato direttamente confermato dalla persona coinvolta nel fatto. Infatti Maria quando, a Lourdes, appare a Bernadetta Soubirous si presenta con questo nome ad una fanciulla, che non lo comprende, se non dopo le spiegazioni del suo parroco. Maria a Lourdes non dice di essere stata concepita senza peccato, ma afferma “Io sono l’Immacolata Concezione”. Questo modo esatto di esprimere l’essere della persona è ripreso più volte da padre Philippe, che raccomanda di non dire “Io sono stato battezzato”, ma  “Io sono battezzato”, “perché il battesimo è un legame di eternità, grazie al quale noi partecipiamo all’Io sono eterno della Santissima Trinità”. Approfondendo, Philippe osserva come l’Immacolata Concezione abbia inserito Maria nel nostro mondo travagliato da tutte le conseguenze della colpa originale e non in un paradiso terrestre, nel qual caso “Il mistero  dell’ Immacolata Concezione sarebbe molto distante da noi e Maria  non potrebbe essere nostra madre in senso assoluto. Non lo  potrebbe, perché sarebbe in uno stato di grazia diverso dal nostro”.

Manzù, L'Annunciazione

L’Annunciazione La più grande misericordia di Dio verso l’umanità, è stata quella di donare suo Figlio. Ma per donarsi in Suo figlio all’umanità il Padre aveva bisogno di una Madre, che liberamente lo accettasse come suo proprio figlio e lo generasse nella sua carne e lo guardasse come il Padre lo guarda, perché quel figlio, nato carnalmente nel tempo, è lo stesso Verbo, da Lui generato nell’eternità. Philippe precisa “Dio non aveva bisogno della maternità di Maria per salvarci, ma egli ha voluto, di fatto, per sovrabbondanza di amore,  che si realizzasse il mistero della salvezza attraverso la sua maternità”. E aggiunge “Ogni paternità viene da Dio, sta là la sua grandezza, e anche ogni maternità… È del resto normale che la paternità divina si manifesti insieme nella paternità e nella maternità”.

Gaudi, Sagrada familia

Il matrimonio di Maria e  Giuseppe. L’Annunciazione avvenne nella solitudine e nel silenzio, si trattava di un segreto di cui Dio era geloso, e che bisognava conservare il più possibile, così Maria, che era promessa sposa a Giuseppe non lo rivelò nemmeno a lui,  al quale pure aveva rivelato il suo voto di verginità. Philippe sviluppa un’analisi sul matrimonio di Maria e Giuseppe, affermando che si tratta di vero matrimonio, e trovando in quell’unione lo snodo tra l’Antico e il Nuovo Testamento. Giuseppe non ha vissuto l’avventura della vita apostolica di Gesù, non ha potuto essere testimone della morte in Croce, ma come Giovanni Battista, ha dovuto farsi da parte, lasciare passare avanti Maria. Philippe considera Giuseppe come l’ultimo patriarca, che chiude il Vecchio Testamento e apre il Nuovo Testamento, ed uno dei due pilastri della Chiesa che “poggia su Giuseppe e Pietro, i due fondamenti: da una parte, il pane; e dall’altra la pietra, la roccia”.

La Visitazione di Maria ad Elisabetta. L’anima di Maria magnifica il Signore, perché Maria è sorgente di vita per il suo Dio, perché essa riceve tutto  da Lui e a Lui dona tutto, come il Padre è sorgente di vita per suo figlio, e lui dona tutto e riceve tutto da lui. C’è un parallelismo meraviglioso, tra ciò che da tutta l’eternità esiste tra il Padre e il Figlio e il legame attraverso la maternità divina di Maria. È più di un sacramento nel senso rigoroso. Il sacramento è un segno, la maternità divina di Maria è una sorgente. Essa è una sorgente per opera dello Spirito Santo, certamente, ma è lo Spirito Santo che vuole che sia veramente una sorgente”. Maria, per noi, è Madre della grazia.

La circoncisione e la presentazione al Tempio. Giuseppe e Maria rispettano le leggi della comunità civile,  e della comunità religiosa. Come prescritto per ogni figlio maschio fanno circoncidere il Bambino, a cui danno il nome di Gesù, come aveva indicato l’angelo a Maria all’Annunciazione  e a Giuseppe in sogno. Questa azione legale è stata compiuta insieme dai due coniugi. “Maria quando dovette offrire il bambino Gesù nel Tempio, comprese che suo figlio era l’Agnello e anche Giuseppe raggiunse questa consapevolezza in quel momento, ma doveva conservare il segreto”; e si accorse “di non avere alcun diritto sul suo Figlio”, che deve realizzare la missione che il Padre gli ha affidato.

Cattedrale di Autun, Adorazione dei Magi

L’adorazione dei Magi e la fuga in Egitto. Gesù viene  adorato dai pastori, gente estranea alla sua parentela, e fu cercato e adorato da uomini venuti da lontano, i Magi.  Poi un Angelo avvisa Giuseppe di fuggire in Egitto, un comando chiaro, preciso, concreto, che “a prima vista sembra una follia… lasciare immediatamente  Betlemme per incamminarsi verso un paese straniero… in fretta, e di notte… senza saper quanto durerà l’esilio”. È un atto di ubbidienza assoluta, l’ordine è impartito a Giuseppe, come capo famiglia, Maria ubbidisce “non chiede spiegazioni a Giuseppe”. Essi vennero, certamente,  a sapere della strage degli innocenti, e ne soffrirono: “Giuseppe e Maria assistono impotenti a questa ingiustizia, nella quale sono coinvolti: i bambini sono massacrati a causa del loro figlio e questa ingiustizia, che prova tante sofferenze, spezza loro il cuore”. Non la comprendono, la vivono  nella fede, perché sanno della misericordia di Dio. Philippe parla di volontà permissiva di Dio, che rispetta la libertà dell’uomo, perché “non è pensabile dare una giustificazione esteriore a questo massacro, inutile ed ingiustificato”. Morto Erode, un angelo ordina a Giuseppe di tornare in Israele, e la famiglia si stabilisce a Nazareth. Non abbiamo informazioni sulla durata dell’esilio in Egitto, ma sappiamo che Gesù restò in famiglia circa trent’anni, che apprese il mestiere di Giuseppe e lavorò con lui, mentre Maria accudiva alla casa.

Il ritrovamento di Gesù nel Tempio. “È la prima e unica volta che vediamo Maria interrogare Gesù, domandandogli il perché del suo modo di agire. Questo ci indica quanto Maria debba essere sconcertata: sembra che non ne possa più; senza dubbio ciò è dovuto anche allo sgomento di Giuseppe, alla sua angoscia. Quest’uomo giusto, retto, affronta con tale sofferenza un fatto così improvviso, anormale, irrazionale e incomprensibile! Maria deve condividere lo sgomento di Giuseppe, se fosse stata sola indubbiamente avrebbe taciuto, non avrebbe detto nulla. Ma Giuseppe era lì e non avrebbe compreso il suo silenzio; infatti è proprio lui a essere il più frastornato, è lui a essere angosciato”. Poi Philippe considera il comportamento di Gesù, spiegando come la sua missione trascenda le relazioni sociali.  “Ebbene, egli ha compiuto la prima realizzazione di questa missione e ha agito in quel modo, perché Maria e Giuseppe capissero la sua radicale e totale dipendenza dal Padre suo. Nel suo insegnamento, e nella sua vita apostolica, non dipende che dal Padre. Questo è il suo ufficio sacerdotale, quello che realizza come l’inviato del Padre”.

Le nozze di Cana. “Cosa vuoi da me, donna? La mia ora non è ancora venuta”. Gesù si rivolge a Maria in un modo del tutto nuovo, mentre lei si era rivolta a lui semplicemente. La domanda è effettivamente molto discreta, ma, esteriormente, Gesù sembra rifiutare di rispondere: “La mia ora non è ancora venuta” come se Maria avesse fatto un passo falso, con una fretta troppo grande, la fretta della donna. “Di fatto, dall’inizio della sua vita apostolica Gesù vive l’Agonia, proprio come la Chiesa, in seguito, è sempre in un mistero di agonia. Ogni volta che Gesù è in presenza della sua ora, Egli entra in agonia. Non è forse questo che ci è mostrato qui? Donna, che cosa mi domandi? Tu non lo sai… Maria domanda il vino, ma essa non può sapere cosa significhi. Essa non sa che Gesù viene a portare il vino nuovo, che è l’alleanza nel suo sangue”. Il miracolo di Cana annuncia, a distanza, l’agonia e la morte di Cristo, prepara il miracolo dell’ultima cena, il dono dell’Eucarestia.

La vita apostolica di Gesù. Durante i tre anni della vita apostolica di Gesù, prima dell’ultima settimana, quando Maria lo incontra sulla strada del Calvario,  i tre Vangeli sinottici non rilevano la presenza di Maria, ma padre Philippe è convinto che Maria si accompagni con Gesù, e lo segua in tutta la sua attività apostolica. Si può trovare una sintesi della predicazione di Gesù nel discorso delle beatitudini, che nel Nuovo Testamento integrano i comandamenti del Vecchio Testamento, perché facendo, nell’amore e per amore, ciò che la legge stabilisce, si trova la piena libertà e non si è più sottomessi alla legge. In questo insegnamento Cristo associa sua madre, non nella parola, ma nei gesti, nella vita, ad incominciare dalla visita ad Elisabetta fino ad accettare come figlio l’apostolo Giovanni.

Michelangelo, Pietà Rondanini

Lo Stabat Mater.  Philippe non apprezza quegli artisti, specialmente dell’età barocca, che rappresentano Maria svenuta ai piedi della Croce, sorretta da san Giovanni o dalla Maddalena, perché non hanno compreso il significato dello “Stabat Mater”. Maria in questo stare in piedi davanti alla Croce, non solo comprende il significato della profezia di Simeone, sacrifica nel dolore il Figlio al Padre,  ma contempla il mistero del Verbo nella sua beatitudine, anche come uomo, ora che “tutto è compiuto”. Philippe precisa “Gli uomini possono spezzare l’unione dell’anima e del corpo realizzata nel Verbo di Dio, nel Figlio prediletto, ma non possono scalfire il mistero del Verbo. Per questo Maria resta ai suoi piedi, perché nella contemplazione intuisce il  mistero del Verbo, scopre colui che è dal principio e per l’eternità. Quindi è proprio il mistero della Croce che ci rivela il  mistero del Verbo; in altre parole, attraverso il sangue dell’Agnello immolato ci viene rivelato il Verbo”.

Donna, ecco tuo figlio. Gesù sul Calvario, si pone nella più grande povertà, rinuncia anche a sua madre, ciò che aveva di più prezioso sulla terra, per donarla a Giovanni, per donarla alla umanità, per costituirla Madre della Chiesa. In Maria la “Donna” esprime due maternità “una fecondità che s’incarna nella carne e nel sangue (la sua maternità nei riguardi di Cristo), e una fecondità nella carità fraterna (la  sua maternità nei riguardi di Giovanni). Dio vuole queste due fecondità, essendo l’una il fondamento dell’altra”. Philippe rintraccia nell’Apocalisse  la  relazione tra queste due maternità “la grande visione della donna di fronte al dragone ci dona lo sguardo di Dio su Maria, uno sguardo che unisce le due maternità, quella gioiosa nei riguardi di Cristo e quella dolorosa nei riguardi degli uomini”, due maternità inseparabili, perché Maria che ha generato la testa della Chiesa, deve schiacciare la testa del serpente, che insidia i membri del corpo della Chiesa.

 Il mistero del sepolcro e la Resurrezione.  Cristo muore, e la sofferenza di questa sepoltura ricade tutta su Maria. “Fu necessario che quel corpo divino conoscesse quell’ultima umiliazione: essere rinchiuso e nascosto nelle viscere della terra, essere come abbandonato, poiché Maria, Giovanni e le pie donne non poterono restare presso il divino cadavere, essendo il giorno di sabato”. Il corpo di Cristo è deposto nella terra, la sua anima discende agli inferi, per liberare dal condizionamento del tempo tutti coloro che sono morti in attesa della salvezza, ultima tappa del sacerdozio di Cristo, due atti di misericordia di Dio verso il passato e verso il futuro, che Maria vive nel mistero del sepolcro. È difficile accettare questa sofferenza, che non ha più alcun sostegno immaginativo; alla Croce si potevano contemplare le ferite del corpo martoriato, ora si è di fronte all’oscurità totale di un cadavere nel sepolcro.  La Resurrezione di Cristo avviene nella solitudine, nel buio e nel silenzio di una tomba. Dai Vangeli sappiamo che Gesù risorto è apparso a suoi discepoli, ma non risulta un’apparizione  a Maria. Philippe osserva “Più Maria progredisce nell’amore di Dio, più Lui la nasconde, in una vita tutta contemplativa. Dunque, è come se la collocasse al di fuori dei fatti e delle contingenze storiche”.

Cattedrale di Notre Dame, Dormitio Virginis

Il mistero dell’Ascensione e la Pentecoste. Non si sa se Maria fosse presente al momento dell’Ascensione, ma il suo atteggiamento è diverso, infatti “Maria vive direttamente del mistero dell’Ascensione. Lei non aveva coltivato il desiderio del regno messianico di Cristo, perché aveva compreso quanto il suo regno fosse un regno divino, nell’amore… Maria vive proprio di questo mistero… il suo amore per Gesù era troppo puro, la sua fede troppo divina, quindi non poteva ridurre sul piano storico e meramente umano l’evento della Risurrezione. Ecco perché lei è capace di vivere il mistero dell’Ascensione senza tristezza, anzi nella gioia gloriosa e tutta divina. Sebbene questo mistero implichi una separazione”.

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