Quando iniziai la mia attività di medico di famiglia a Laveno nel ‘77 era attiva una sezione numerosa dell’UNITALSI. Il presidente mi chiese di iscrivermi e di unirmi a loro perché mancavano medici per l’assistenza ai malati nei vari pellegrinaggi che avevano per meta i santuari delle apparizioni della Madre di Dio. Sin da giovane ero particolarmente devoto alla Madre di Dio e risposi affermativamente partecipando preferibilmente ai pellegrinaggi a Lourdes.
Avevo ed ho una speciale devozione per la Madonna di Lourdes in quanto ha operato su di me un miracolo non di guarigione di una malattia fisica ma di guarigione della mia anima e della mia conversione al suo Cuore Immacolato. Inoltre mi sentivo in obbligo di ringraziare ogni anno il Signore dedicando una settimana agli ammalati gratuitamente, anzi pagandomi il viaggio e anche il supplente per la sostituzione, se non altro per ringraziare Dio della sua generosità nei miei confronti avendomi concesso di poter lavorare tutto l’anno senza ammalarmi un giorno. Si dava così la possibilità anche a chi era ammalato non autosufficiente e certamente più bisognoso dei sani di recarsi a chiedere la grazia della guarigione o se non altro per ricevere conforto e la grazia della rassegnazione dalla Madonna. Così nel ‘78 feci il primo viaggio con l’Unitalsi a Lourdes assieme ad Alma che aveva i miei medesimi sentimenti religiosi, fu un’esperienza indimenticabile. Indimenticabili sono tutte le prime esperienze della propria vita come la prima comunione, come il primo amore, il primo bambino e nella professione medica la prima giornata in corsia dell’ospedale. Poi a proposito dei viaggi ne seguirono circa una decina negli anni seguenti.
Nel primo viaggio del ‘78 eravamo cinque medici e cinquecento malati una ventina barellati e un centinaio in carrozzina. Le dame vestite di bianco ed i barellieri vestiti di calzoni grigi e giacca verde con le cinture di cuoio alle spalle per sostenere le barelle saranno stati circa un centinaio. Il treno speciale era dotato di un vagone ospedale per i barellati dotato di piccoli ma confortevoli letti. Partimmo dalla stazione dello Stato di Varese alle 16.30, poi alle 17.30 a Milano agganciammo dieci vagoni dell’Unitalsi di Bergamo, per arrivare il giorno successivo a Lourdes alle 14 senza mai sostare, soltanto brevemente a Ventimiglia. Ci eravamo suddivisi in turni e per scomparti. In quel viaggio ci fu molto da lavorare, i disturbi maggiori dei malati erano il vomito e le vertigini, le crisi di ansia, poi le crisi epilettiche di vari pazienti, oltre le crisi ipertensive, le iperglicemie ed ipoglicemie dei diabetici, le chiamate per riacutizzazioni di dolori e numerose altre.
Ci accompagnava Don Federico Soggetto, un sacerdote eccezionale, chi lo ha dimenticato? Sprizzava gioia e speranza dal Paradiso e ci inondava sempre con il suo ottimismo e buon umore ed inoltre le sue meditazioni erano di una spiritualità veramente profonda. Il viaggio fu molto veloce, ma il tempo in treno trascorreva ancor più veloce tra la cena e le preghiere della sera. La notte dormivamo seduti, al mattino la Santa Messa seguita dalla colazione, poi il pranzo e alle 14 eccoci alla grandissima stazione di Lourdes. Qui comincia il grande lavoro dei barellieri, cui mi associavo anch’io se non ero impegnato per visite a malati, del trasbordo dei pazienti sul pullman che li avrebbero poi portati nei vari ospedali di Lourdes. Sono una decina della capienza di circa cinquecento posti letto, qui risiedono gli ammalati che hanno bisogno di assistenza medica ed infermieristica. Non sono propriamente veri ospedali, ma sono dotati di infermeria, di armadietti farmaceutici, di comodi letti e di cucina autonoma. Noi medici ci dividiamo in turni per ospedali e per notti, normalmente sostavamo cinque giorni e godevamo anche di intervalli di libertà durante i quali potevo godere della compagnia di Alma che seguiva con altrettanta passione il pellegrinaggio in qualità di dama.
La prima impressione appena arrivati, io non ero mai stato a Lourdes, fu di un gran mercato per i numerosissimi negozi e bancarelle che offrivano articoli religiosi e souvenir di tutti i tipi, ma la vasta area del Santuario era completamente libera dalle bancarelle, e vi era ordinato il silenzio. Ci recammo al Bureau Medical all’interno del Santuario, dove risiedeva il medico responsabile del Santuario e mi diede il distintivo di medico di Lourdes, una croce rossa su sfondo bianco che costituiva il lasciapassare per tutti i luoghi, e inoltre numerose pubblicazioni in cui erano documentate le relazioni mediche riconosciute miracolose per noi credenti, inspiegabili per la scienza medica da una commissione laica di medici dell’università di Parigi. Mi fece impressione il caso di un ragazzo che era affetto da sarcoma osseo alla tibia con una vistosa lesione alla radiografia, e guarito al ritorno da Lourdes presentava la radiografia normale della medesima tibia avvenuta per guarigione miracolosa, il tutto documentato da testimonianze di medici legali competenti.
Ma anche per questo caso di guarigione miracolosa, molti rimangono indifferente od ostili come del resto capitava per i miracoli ben più grandi che compiva Gesù: credevano i poveri e gli umili, ma i sacerdoti del tempio tramavano per ucciderlo. Mi aveva colpito molto il grande numero di pellegrini presenti alle funzioni: saremo stati circa dieci-quindici mila da tutto il mondo. Ci si alzava al mattino alle cinque per la Santa Messa per poi essere in servizio alle 7 nei vari ospedali. Si faceva il giro degli ammanti e poi dopo la colazione li si preparava per andare alla grotta o alle piscine o alla cattedrale secondo quanto stabilito dal programma. E’ stata un’esperienza di grande carità ed umiltà, che mi ha permesso come medico di mettermi completamente al servizio dell’ammalato, accompagnarlo alla fonte dell’acqua miracolosa, in piscina, alle cerimonie, vegliare su di lui, pregare con lui per la sua guarigione davanti alla grotta rivolti alla statua che rappresenta Maria Immacolata Concezione. In quelle giornate straordinarie la Madonna di Lourdes aveva trasformato completamente il mio modo di essere medico al suo servizio e al servizio degli ammalati.
Amavo tutto di Lourdes, fare il bagno nella piscina con l’acqua gelata che non mi dava alcun raffreddamento asciugandosi subito, le processioni solenni dell’Eucarestia al pomeriggio, la processione dove noi medici eravamo privilegiati potendo seguire per primi il SS. Sacramento e la processione aux flambaux della sera, entrambe terminavano sempre con la benedizione degli ammalati. La Santa Messa cantata nella cattedrale sotterranea con la benedizione solenne e speciale per gli ammalati. Ma tutte le celebrazioni come le processioni erano un susseguirsi di canti e di preghiere, con una liturgia stupenda: durante la Santa Messa alla grotta non si potevano trattenere le lacrime.
Insomma in quel primo viaggio feci un gran pregare, un gran cantare ed un gran piangere. Il viaggio di ritorno era altrettanto rapido quanto quello di andata, i malati erano sollevati e contenti, anche se non avevano ricevuto la grazia della guarigione corporale avevano ricevuto l’affetto e l’amore dei barellieri, delle dame e dei medici, senza considerare le grazie spirituali che la Madre di Dio aveva operato nelle loro anime, consolandole del dolore e della sofferenza e dando loro la ragione del loro patire per la salvezza del mondo intero. Erano anche stanchi e provati dal viaggio come del resto anche noi e i nostri interventi erano più numerosi, ma per malesseri passeggeri. Rimasi profondamente segnato da quella prima esperienza, tanto da ripeterla numerose altre volte e chiesi alla Madre di Dio di poter amare e curare i malati sempre con il suo consiglio e il suo soccorso e devo dire di essere stato sempre esaudito. Chi entra nel mio studio a Laveno vede la foto ricordo ingiallita dagli anni sulla scalinata della Cattedrale dei seicento pellegrini varesini appesa davanti alla scrivania e c’è ancora qualche mio paziente venuto con me in quel pellegrinaggio che mi riconosce assieme ad Alma in fondo al lato sinistro e mi viene una lacrima di commozione.
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