Dalla fine di aprile di quest’anno sino ad oggi, nel panorama pur così contraddittorio della politica italiana, abbiamo avuto la possibilità di conoscere una personalità di grande rilievo, che nel frattempo ci è diventata familiare: il primo ministro Enrico Letta.
In tanti, dentro e fuori di Italia, abbiamo tirato un sospiro di sollievo quando abbiamo saputo che il governo da lui presieduto aveva ottenuto la fiducia.
Di Enrico Letta ho ammirato in questi mesi la misura e la signorilità e sono stato rincuorato dalla dedizione che ha dimostrato al compito affidatogli. Non è facile, in una situazione così conflittuale, mantenersi fermi e allo stesso tempo pacati.
Per non cadere preda di una logica puramente reattiva e rimanere liberi di seguire la propria coscienza, occorre un riferimento che va aldilà della situazione contingente.
Enrico Letta si sta sacrificando per il bene della nostra nazione: ma cosa vuol dire sacrificarsi? Sacrum facere: cioè riconoscere che ciò che si vive nel presente è in relazione con l’eterno. Questa è la radice della vera libertà.
La sera della fatidica fiducia al governo ho inviato un sms ad un amico senatore, che ha dato un contributo importante affinché anche dagli scranni del Popolo della Libertà si levassero voci a sostegno del governo: l’ho ringraziato, anche a nome di altri amici, per quello che aveva fatto per il bene dell’Italia e lui mi ha risposto che ringraziava noi per le nostre preghiere sulle quali contava.
È vero, dovremmo ricordarci tutti, di pregare i nostri santi patroni, Francesco e Caterina, perché ci assistano in questo tempo difficile.
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