Accolgo con estremo interesse, spero anche per il lettore, la sollecitazione del direttore a ripercorrere alcuni tratti della storia di Varese degli ultimi quaranta/cinquanta anni. Chi scrive di primavere ne ha passate sessantacinque e tanti aspetti della città del 2013 si possono riconoscere come tali oggi grazie all’impegno di varesini di buona volontà e serietà, che molti non conoscono. Cercherò quindi di iniziare qui un percorso, che sarà sintetico per lo spazio datomi dall’articolo, ma che potrà dare a qualcuno lo spunto per approfondire più nello specifico la conoscenza, attraverso ad esempio testi e fonti facilmente reperibili presso a Civica Biblioteca.
Oggi parlo di Carlo Segre e Claudia Vignolo Villa, due personaggi molto colti, che oltre a possedere la professione, l’hanno spartita in favore del recupero i una delle più antiche testimonianze della fede: Sant’Imerio a Bosto.
Segre è venuto a mancare l’aprile scorso: è stato la punta di diamante della Associazione Italia Nostra, persona di rara competenza e simpatia. In una intervista (21/7/2011) di Clara Castaldo ad Artevarese.com, che invito ad andare a vedere in internet, l’architetto parlava della nuova stagione, del rilancio della benemerita Italia nostra. Il “barocco varesino” doveva essere il leit motiv di tale proposizione, oltre alle fondamentali ispirazioni sulla difesa della natura. La persona Segre merita un ampio spazio di approfondimento che speriamo modestamente con queste note sollecitare, così da aprire un “tavolo della cultura” come amava egli affermare.
Torniamo a Sant’Imerio: la leggenda narra che Gemolo, pellegrino, pur decollato, fa sapere al vescovo che il compagno Imerio è stato ferito nel corso di una rapina in Valganna ad opera di manigoldi di Uboldo.
Purtroppo le cose precipitano: Imerio muore e viene sepolto nel sito della chiesa a lui dedicata. Questa, costruita nell’anno 1000, era, in origine, molto piccola; nei secoli successivi, XIV, XV, XVII, fu oggetto di interventi, di aggiunta di spazi, ampliamenti, che, a giudizio dei nostri restauratori, ne hanno profondamente alterato la originalità.
Fu compito assai arduo quindi tenere conto di questi sovvertimenti, dovendosi attenere al dato storico. Scrupolosissimo fu il protocollo del restauro, reso complicato da lavori fatti negli anni 1928/29 nel corso dei quali si rinvenne il corpo del Santo. Il progetto esecutivo fu redatto nel 1979 e i lavori eseguiti nei decenni successivi (1997).
La visita di oggi ci fa scoprire gli affreschi nello stile “gotico internazionale maturo” (Matteo Bollini) del presbiterio.
La antica chiesa era decorata da pitture ormai perse: un Cristo nella mandorla e i Dottori della Chiesa. Di interesse sono le decorazioni a fresco delle cappelle laterali.
A destra Madonna col Bambino e Santi (1600), a sinistra per mano di pittore morazzoniano la Santissima Trinità. Nel corso dei lavori emerse un sarcofago, utilizzato come mensa per altare raffigurante con ogni probabilità i santi pellegrini Gemolo e Imerio, scolpiti sul sarcofago stesso. I varesini costituirono un Civico Comitato sullo schema di quello di Bizzozero e la Famiglia Bosina operò al suo fianco in maniera cospicua. Più recentemente l’International Inner Wheel varesina sotto la presidenza di Maria Montoli (’98/’99) restaurò la “Madonna del pilastrino”.
La chiesa di Sant’Imerio è nota per la storia di un grande polittico realizzato proprio per Bosto da Francesco Tatti. L’opera rimossa dopo straniere traversie, ricompare alla Pinacoteca del Castello Sforzesco. Il parroco di Bosto, don Pietro Giola, due anni or sono, riuscì, tramite riprese fotografiche a grandezza naturale a simularne la presenza in Chiesa.
La vicenda, poco nota, dei due architetti ci fa quindi apprezzare ancor più queste persone, che hanno lasciato per libero impegno e smisurato amore per la città un cospicuo dono.
Ma quanti sono a Varese coloro che “fecero” come Segre e Vignolo Villa e sono avvolti, alcuni in maniera completa, dalle nebbie dell’oblio? Farò una carrellata e mi si perdoni per spazio o dimenticanza qualche lacuna: Giorgio Bignardi, Bepi Bortoluzzi, Vittorino Carinella, Aldisio Caruggi, Salvatore Caminiti, Achille Cattaneo, Silvano Colombo, Vittorio Cotta Ramosino, Luciano Gallina, Leopoldo Giampaolo, Emilio Giudici, Luigi Lanella, Mario Lodi, Enrico Manfredini, Antonia Massarotto, Eugenio Medea, Mario Ossola, Gian Felice Ponti, Manlio Raffo, Bruno Ravasi, Ernesto Redaelli, Giuseppe Talamoni. Emilio Veratti, Umberto Zavattari, Luigi Zanzi. La maggior parte dei menzionati non è più vivente. Proporrei quindi al lettore di inviare in redazione o allo scrivano sottoscritto note, appunti, valutazioni su queste o altre persone non citate. La memoria storica di una comunità si basa fondamentalmente sulla conoscenza.
Giuseppe.Terziroli (presente in Gmail, facebook, twitter)
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