Luci e ombre nel discorso trasmesso in video da Silvio Berlusconi; più ombre che luci, nonostante l’ex premier (molto ex) sia considerato a ragione un esperto di tale forma di comunicazione. Ma le analisi del messaggio continuano: gli italiani sono fatti così, e quando parla Lui da una novantina d’anni a questa parte, chiunque egli sia, si sta sempre con le orecchie dritte, bene orizzontate come radar, perché non si sa mai come potrà andare a finire.
Le sentenze giudiziarie – è noto – si eseguono, si devono eseguire. È una delle condizioni precipue dello stato di diritto. In questo senso si evince il concetto di “rispetto” delle stesse, sebbene il rispettarle non coincida necessariamente con la loro condivisione e perciò non esima dalle critiche, anche aspre. Perché le sentenze sono scritte dagli uomini, e gli uomini possono sempre sbagliare, anche nel redigere le leggi; nel redigerle poi, spesso, secondo le convenienze di una parte e non dell’intera comunità. A volte l’una, a volte l’altra parte.
Non siamo amanti della storia controfattuale, quella scritta con i se. Ma appare non difficile pensare, come sostiene anche Silvio Berlusconi, che se egli non fosse sceso in campo, e se soprattutto non fosse sceso a fianco di una parte politica (la destra, i moderati), le cose per lui sarebbero potute andare ben diversamente. Forse – chiedere all’onorevole ed ex magistrato Antonio Di Pietro – il Silvio sarebbe andato in galera prima, vent’anni fa. Però si può anche ipotizzare che sarebbe diventato più ricco e tranquillo di quello che è oggi, assiso nelle sue megaville, il primo contribuente italiano, e non il terzo o il quarto, ben davanti a un Del Vecchio o a un Della Valle.
Quando Berlusconi dice, insieme con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che si deve mettere mano alla riforma della giustizia non dice cose campate per aria. La nostra, benché un altro famoso comico, Roberto Benigni, affermi il contrario, non è la “Costituzione più bella del mondo”, ma un documento scritto – certo con grande attenzione e cure – nel 1947-48, sessantacinque anni fa, dunque, e con tutte le conseguenze del caso e i riferimenti (anche negativi) dell’epoca.
Lasciamo da parte il “bicameralismo perfetto”, quel doppione che fa tanto disperare. Per quanto riguarda la giustizia si pensi a due o tre concetti sui quali occorrerebbe riflettere e intervenire: la separazione delle carriere tra magistrati inquirenti e giudicanti, la responsabilità civile dei magistrati stessi (peraltro già “suggerita” dalla maggioranza degli italiani, popolo sovrano, con un referendum) e soprattutto una revisione di quella foglia di fico che è l’obbligatorietà dell’azione penale. Oltre poi a una riforma della legge elettorale, che ridia (un po’ di) potere decisionale agli elettori, e non lasci tutto nelle mani dei partiti; i quali partiti, proprio nella “Costituzione più bella del mondo”, sono considerati importanti fin che si vuole, ma pur sempre semplici e libere associazioni.
Il discorso in video di Berlusconi contiene alla fine quella che – da molti – è stata riconosciuta come la vera “novità”, ovvero la ripresentazione, dopo vent’anni – diciannove in verità – di Forza Italia. La validità di tale proposta – duole dirlo, perché in fondo ne siamo tutti coinvolti – è stata subito inficiata nel momento in cui all’espressione di un attempato e commosso Berlusconi veniva sovrapposta, nelle trasmissioni in Tv, anche nelle reti di Casa, la sua del 1994, quando il Silvio aveva cinquantasette anni, e non settantasette: il viso ilare e sereno, la mascella e le gote bene attaccate al viso abbronzato, gli occhi sgranati e vispi; e non due lumicini.
C’è in questa volontà di ripercorrere a tutti costi il passato un che di patetico, più che di nostalgico. Non riguarda solo il Silvio, ma anche leader di altri partiti che, malgrado siano malati e fiaccati nel fisico, continuano a ostentare le sicurezze di una maschia gioventù. È solo il risultato di una condizione umana di resistenza. Comprensibile, fino a un certo punto.
Non è del tutto vero che Berlusconi abbia dominato i governi, e perciò condizionato al cento per cento l’Italia degli ultimi vent’anni, anche se per molto tempo ne ha avuto la possibilità, e la non possibilità – dice – perché gli avversari (e gli alleati) gliel’hanno impedito.
L’esercizio da fare, le risposte da dare oggi, dinanzi alla riproposizione di vecchi o nuovi partiti, di “vecchie” idee e schemi per vedere se sono accettabili o no è molto semplice ed è il seguente: l’Italia di vent’anni fa era di sicuro diversa, anche e soprattutto nell’età dei protagonisti, il che non è poco; ma in questi vent’anni la nostra Italia è migliorata o peggiorata? e se le cose sono andate nel modo in cui sono andate – non tanto bene purtroppo – è per colpa di chi?
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