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Società

SCUOLE RIAPERTE. E PURE I PROBLEMI

LIVIO GHIRINGHELLI - 27/09/2013

Il nuovo anno scolastico si avvia ereditando i gravi condizionamenti esercitati dalle politiche passate sull’istituzione. Le misure recentemente adottate dal Consiglio dei ministri, in assoluto del tutto inadeguate a risolvere i problemi, segnano per lo meno un’inversione di tendenza rispetto ai continui risparmi sulla spesa, che hanno umiliato il sistema di formazione. Tra il 2007 e il 2011 ad esempio gli investimenti pubblici sono calati del 12,8% , al contrario di quanto suggerito nei momenti di crisi e difficoltà nello sviluppo economico.

Saranno subito assunti a tempo indeterminato 26mila insegnanti di sostegno e definito un piano triennale per l’immissione di 69mila docenti e 18mila Ata, con la previsione altresì di assumere 57 ispettori. Altre risorse riguardano la formazione digitale del personale scolastico, la connettività wireless nelle scuole secondarie, l’approfondimento dei percorsi scuola-lavoro. Ma si tratta anche di ovviare al costo notevole dei libri di testo, imponendo un tetto di spesa sotto la responsabilità dei dirigenti, di favorire il comodato d’uso per gli alunni in situazioni economiche disagiate, di erogare 115 milioni di euro per borse di studio agli studenti universitari e contro la dispersione scolastica, 6 milioni e 600mila euro concernono l’orientamento degli studenti a partire dal quarto anno delle superiori. Restano sullo sfondo i necessari stanziamenti per un’edilizia in crisi d’adeguamento delle strutture (manutenzioni, messe in norma, eliminazione dell’amianto e osì via).

Di contro preoccupano il tasso d’abbandono scolastico (in Italia del 17,6% rispetto all’11,6% della Francia, all’11,4 della Grecia, al 10,5 della Germania, mentre stanno peggio di noi la Spagna col 24,96% e il Portogallo col 20,8 % ), la bassa scolarizzazione degli adulti (44,8% in Italia di contro al 14,2% della Germania), la diminuzione degli iscritti all’Università ( – 58.000 unità in dieci anni) con il calo di quattro punti nelle prime immatricolazioni; i diciannovenni diplomati si iscrivono per il 47% rispetto al 51% di quattro anni prima; degli iscritti il 17,3% non dà esami e il 33,6% risulta fuori corso. Si assiste alla polverizzazione dei corsi (in totale sono 5.835: la media è di un insegnamento ogni 9 studenti ). Per non parlare del nepotismo dei docenti, della decina di università telematiche.

Si lamenta nella secondaria il sovraffollamento degli alunni per docente (11,6%), ma in Germania ascende al 16,1% , al 14,4% in Francia, al 17,3% in Gran Bretagna. All’abolizione degli esami di riparazione del 1995 ha fatto seguito la reintroduzione col ministro Fioroni., ma non c’è stata rivoluzione in termini di serietà. Epperò la ripetenza per ogni alunno bocciato costa allo Stato 8.000 euro (2008, denuncia del Ministro dell’economia Tommaso Padoa Schioppa).

È doloroso constatare che la bocciatura di un alunno è un chiaro insuccesso anche per il docente, il fallimento, anche se momentaneo, di una programmazione educativa e didattica , della motivazione all’apprendere. Qui va posto necessariamente l’accento sull’orientamento con la selezione all’ingresso, la possibilità di un passaggio trasversale più facile verso altri tipi di curricola. L’istruzione tecnica e professionale va riabilitata.

Va ancora sottolineato che le opportunità di studio dipendono in larga misura dalla condizione sociale delle famiglie d’appartenenza. Tuttora il figlio di un dirigente o di un professionista perviene alla laurea cinque volte di più che non il figlio di un operaio (36,5% contro il 7,3%); il primo è più orientato verso le libere professioni. Tanto più questo si verifica per le lauree di secondo grado, per i master e i corsi di specializzazione. Influenza decisiva è esercitata dal livello di istruzione dei genitori. Per gli immigrati poi valgono anche le barriere culturali, linguistiche e sociali con esiti negativi sulla mobilità sociale.

La condizione per le borse di studio è di almeno venti crediti formativi nel primo anno di Università, sì che nei tempi previsti si laurea solo il 24,3% degli studenti. Gli studi accademici sono poi ritagliati sul modello liceale a scapito delle matricole, che provengono dagli istituti tecnici e professionali. Le disparità di apprendimento si delineano già prima d’entrare a scuola in ordine alle capacità verbali e logiche. Quanti gli asili nido e le scuole materne di qualità? I primi poi concernono solo l’11% dei bambini fra 0 e 2 anni.

Guardiamo invece alla Germania, ove la disoccupazione è molto minore (7,7%) e la cogestione lavoratori-imprese senz’altro fortunata. Lì si impara il mestiere direttamente nelle imprese, un ragazzo può scegliere tra 340 mestieri diversi. Ne risulta che nel paese ben 1.300 imprese sono all’avanguardia mondiale: è il personale qualificato a creare le maggiori innovazioni. In Germania poi la scuola è a tempo pieno.

Da noi invece assistiamo al fenomeno di molti giovani, che rivelano difficoltà nell’espressione di un pensiero complesso e strutturato, che parlano solo per frasi brevissime, per slogan, predisponendosi a diventare uomini-massa e donne-massa senza adeguata capacità di autonomia e di scelte. Ecco perché la scuola esige la massima attenzione di governi e d’opinione pubblica. La vera democrazia dipende in larga misura dalla mobilità sociale. Non ultima esigenza la riqualificazione della classe docente in termini di formazione culturale, psicologica e tecnologica, con revisione dei livelli stipendiali ben poco gratificanti rispetto alla difficoltà dell’impegno.

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