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Opinioni

FORZE ARMATE E REVISIONE

VINCENZO CIARAFFA - 20/09/2013

La situazione complessiva delle nostre Forze armate non è stata mai così disastrosa come negli ultimi vent’anni e, stando a quanto dichiarato dal Ministro della difesa il 10 settembre scorso nella caserma Prampero di Udine, nei prossimi anni sarà anche peggio: «Ci sarà una riduzione del personale delle Forze armate intorno al 20% […] La revisione dello strumento militare è un processo epocale di razionalizzazione delle Forze armate e deve fare i conti con le condizioni di finanza pubblica e di bilancio dello Stato […] Le Forze armate scenderanno da 190.000 a 150.000 uomini».

Il tutto, ovviamente, in nome dell’unica parola che, da mezzo secolo a questa parte, fa tremare le gambe ai militari italiani: razionalizzazione. Che accidenti avrà, poi, di epocale questa strage è tutto da capire, com’è da capire se è razionale spendere un miliardo e mezzo l’anno nelle cosiddette missioni di pace all’estero e non avere i soldi per rinnovare i sistemi d’arma, i parchi automezzi e, più semplicemente, per addestrarsi. Con tali chiari di luna è anche razionale andare a infilarsi in trentacinque missioni militari in quattordici differenti teatri esteri? E sia chiaro che questi nostri interrogativi non sono né retorici, né polemici ma dedotti soltanto dalle dichiarazioni di un personaggio che nell’ambito della Difesa dovrebbe pur contare qualcosa: il Ministro!

Il 10 agosto del 2010, l’allora ministro della difesa, Ignazio La Russa, rilasciò un’intervista al Corriere della Sera nella quale – senza un minimo di vergogna – asserì che le nostre autoblindo operanti in Afghanistan reperivano i pezzi di ricambio “cannibalizzando” quelle fuori uso. E immaginiamo che egli volesse dire che un’autoblinda saltata su di una mina piazzata dai terroristi talebani era ancora buona per fornire pezzi di ricambio alle altre. Bastava soltanto lavare il sangue di chi era a bordo mentre saltava in aria, aggiungiamo noi. E, dopo mezzo secolo di razionalizzazioni senza né capo, né coda, adesso pure il ministro Mauro si è messo in testa poter “razionalizzare” ancora qualcosa senza far implodere le Forze armate. Tra l’altro, tra i signori del governo e tra i governi che si succedono al ritmo delle stagioni, non c’è mai stato un filino di continuità.

Appena qualche anno fa, durante la conferenza stampa seguita al suo incontro col segretario generale della Nato, Rasmussen, il premier Mario Monti assicurò che il nostro Paese avrebbe continuato a garantire risorse e uomini per l’addestramento delle forze di sicurezza afghane, anche quando ce ne torneremo a casa nel 2014. Secondo noi, più che la Nato, Monti volle rassicurare gli Usa che ci volevano quale retroguardia perché, proprio in quel periodo, avevano iniziato discretamente a smobilitare. Com’era aduso fare con i “poteri forti” internazionali, il premier varesino sbatté i tacchi e disse signorsì senza trovare il coraggio d’informare l’alleato d’oltreoceano che l’Italia non era più in grado di spendere tre milioni di euro al giorno per contribuire a coprirgli il sedere in Afghanistan e a puntellare il più che corrotto governo di Hamid Karzai. E avrebbe avuto molte ragioni per poterlo/doverlo fare, in primis la coerenza, lui che aveva detto no alla celebrazione delle Olimpiadi a Roma nel 2020 perché «Non ci sentiamo di prendere un impegno finanziario che potrebbe gravare in misura imprevedibile sull’Italia nei prossimi anni».

Peraltro, v’era un altro costo che Mario Monti avrebbe dovuto attentamente soppesare primi di dire yes: l’intervento occidentale in Afghanistan, che non ha sconfitto i talebani, ma li ha soltanto allontanati dai grandi centri urbani, fino a oggi ha mietuto le vite di 27.000 guerriglieri, 14.000 civili, 7.200 militari regolari afghani e 2.100 militari della Nato tra i quali si annoveravano 53 dei nostri che sono andati a morire all’estero per niente visti i risultati. Purtroppo, nonostante la rutilante parentesi berlusconiana, non v’è nulla al mondo che sia più tragicamente immobile dalla politica italiana nonostante che, dal 1946 a oggi, essa finga ciclicamente di rinnovarsi all’insegna del gattopardesco «Tutto deve cambiare, perché nulla cambi».

In Italia, infatti, tutto si ripete all’infinito: è dalla fine del cosiddetto boom economico che quando bisogna trovare i soldi per alimentare la vorace, inutile macchina statale, si attinge al budget della Difesa sicché un po’ alla volta, legislatura dopo legislatura, si stanno facendo morire d’inedia Aviazione, Marina ed Esercito!

Anche in questa perigliosa legislatura il Ministro della difesa ci informa che, in nome della spending rewiew, le nostre Forze armate saranno “razionalizzate”, un eufemismo per dire che esse subiranno tagli e decurtazioni tali da ridursi ad appena 150.000 uomini… meno dei bidelli.

Non vogliamo innescare una polemica con chi ritiene inutili gli eserciti (i bambini gasati in Siria consiglierebbero di averne sempre pronto uno, invece) e ci limitiamo soltanto a fare due domande, come si dice tecniche, al Ministro della difesa. Le domande sono brevi e semplici: «Adesso che mandiamo via 40.000 uomini e blocchiamo gli arruolamenti (il rinnovamento in pratica) dei volontari impedendo, così, il ricambio generazionale, che ne faremo di quei pur bravi sabotatori, guastatori, assaltatori e marò che tra qualche lustro avranno più di cinquant’anni? Li vedremo sbalzare, andare all’assalto con la panciera e la mascherina dell’ossigeno?

E proprio a proposito dei marò (se ne ricorda, vero?), mentre pregava per la pace a piazza San Pietro, signor Ministro, non poteva farsi ispirare dal Padreterno su come restituirli alle loro famiglie, riportarli a casa?».

Grazie, signor Ministro, per tutte le risposte che desumiamo, non ci fornirà.

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