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Cultura

ESEMPI DI SOFFERENZA E DI VITA

LIVIO GHIRINGHELLI - 20/09/2013

don Damiano Modena con il cardinal Martini (da credere.it/numero-22)

L’iniziativa congiunta dell’Editrice San Paolo, del Corriere della Sera e di Credere ha portato alla pubblicazione, di recente, dell’opera di don Damiano Modena su Carlo Maria Martini. Il silenzio della parola ci consente di ripercorrere i momenti salienti di una lotta coraggiosa condotta dall’illustre Prelato contro le umiliazioni di una malattia invalidante e dagli esiti mortali. Il giovane sacerdote di Vallo della Lucania ha accompagnato il Cardinale al traguardo con un’assistenza amorevole e premurosa, una presenza discreta e insostituibile, una sensibilità accorta e tempestiva, attenta ai bisogni come alle illuminazioni offerte da questo sodalizio vissuto alla luce della Parola dal 29 settembre 2009.

Impossibilitato a muoversi Martini non si è mai isolato, l’innata timidezza non ha condizionato l’estrema affabilità, la capacità di esercitare anche su di sé un fine umorismo, l’autoironia. Dotato di una disciplina interiore ferrea, di un pudore principesco, conoscitore di dodici lingue, alto di statura, dalle dita signorilmente affusolate, elegante nei movimenti, sa però accostare i poveri, gli emarginati con sollecitudine, tenerezza e disponibilità e al contempo accettare le progressive fasi di una decadenza a livello corporeo, che si manifesta con la perdita della voce (ultima omelia pubblica nella Pasqua del 2010), la necessità per un uomo di relazione quale egli è di due sedute settimanali di logopedia, il farsi i passi rigidi, lenti, faticosi e l’aumento della disfagia, mentre le gambe e il bacino si fanno incontrollabili con la fine di gennaio del 2011.

Si passa dalle gambe alle ruote, dai passi alla sedia, mentre il Parkinson va via via spegnendo i piaceri primari. Già uno scompenso cardiaco è intervenuto la Pasqua del 2008 e il fiato è stato sempre corto sin da piccolo. Concorre la crisi della vista, onde l’esigenza di un grosso schermo per il computer, di un ingranditore elettronico per i testi. Eppure il Cardinale non si arrende, vive intensamente ogni esperienza, come se fosse l’ultima, non lamenta la stanchezza, sa ascoltare senza mai interrompere, si sente fatto per comunicare, avanza proposte, rifugge dalle imposizioni, è essenziale e parco anche nell’esercizio della preghiera (Pregando non sprecate parole – Matteo 6,7).

I figli di Ignazio parlano a Dio in modo scarno, guardandolo negli occhi. Ogni anno alla fine di luglio si dedica scrupolosamente agli esercizi spirituali di Sant’ Ignazio; pone l’Eucaristia al centro della giornata. Torna sempre nella meditazione soprattutto a Luca, agli Atti degli Apostoli e a Giobbe, ai Salmi. Sa che ripetere la Parola anche all’infinito non la logora.

Diversivi all’afflizione sopportata serenamente tra tante cadute il potere soddisfare, nonostante tutto, la passione per le altezze, la montagna. Ecco il soggiorno in Val Formazza nel maggio del 2009, come nel luglio del 2012, è sulle Dolomiti con Silvano Fausti, gesuita biblista.

Come al momento di iniziare la sua esperienza episcopale a Milano ha cercato di introdurre la visione contemplativa nella città indaffarata, ora al declino della vita sente sempre più l’urgenza di una purificazione nella Chiesa, fatta spoglia dei tanti apparati burocratici, dei riti pomposi, la vuole povera, più profetica e coraggiosa nell’affrontare varie questioni insolute in merito all’etica sessuale e sociale, alla posizione della donna, alla corresponsabilità dei laici… In nome della Chiesa che soffre nell’aprile del 2011 scrive al Papa, ne è ricevuto e gli legge il promemoria dei mali che affliggono l’istituzione. Nel giugno del 2012 il breve incontro a Milano vede Benedetto XVI e il Cardinale emerito “chinati l’uno sui dolori e sulle ferite dell’altro”.

Altri momenti di intensa soddisfazione pur nella pena la serata dedicata ai giusti dell’Islam (i giusti sono seminati da Dio su ogni terra) e dopo un breve excursus a Sanremo nel marzo del 2012 la faticosa trasferta a Zurigo per un convegno coi confratelli vescovi.

Quest’uomo di Chiesa, che ha scelto come suo motto episcopale pro veritate adversa diligere, con una bontà di fondo che ha nello sguardo azzurro color del mare il primo fondamentale atto di relazione, non può chiudere gli occhi, come sarebbe stato suo desiderio, a Gerusalemme, città della speranza (morirvi è quasi come morire in cielo), ma sa che l’amore quando vola verso Dio è così insensato da ammettere anche il vuoto. Sono alcuni tra i tanti spunti offerti da un testo che commuove.

A noi mantenere la lezione di Martini sviluppando il dialogo con la Parola, mentre colleghiamo con essa gli avvenimenti dando loro significato e il dialogo tra le coscienze, coltivando il nostro spazio interiore nell’ascolto della verità. Il nostro sguardo deve essere positivo affrontando e interpretando la realtà alla luce della croce di Cristo, rifuggendo da quel moralismo che dà risposte prima ancora che siano formulate le domande. L’altro va ascoltato e accolto così com’è.

L’arcivescovo Bruno Forte, legato a Martini da un rapporto di profonda amicizia e devozione, fa riferimento al criterio della riverenza ignaziana, soprattutto nei confronti di Dio e della sua Parola, accostata con cura, verso il mistero che ci si rivela anche col suo silenzio, riverenza da osservare altresì nei rapporti ecclesiali da concepire nel quadro di una maggiore collegialità e promuovendo la sinodalità, ma riverenza anche nel confronto della cultura laica, senza forzature e compromessi e per tutti, credenti e non credenti.

Da rilevare altresì il fatto che Martini non si è mai contaminato con il potere.

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