“Sai, conoscevo uno che ha avuto due attacchi di cuore, così gli hanno messo uno di quei peacemaker. Be’, la moglie ha chiesto il divorzio. Diceva che quell’affare impediva una buona ricezione della tivù”. (Walter Matthau a Jack Lemmon in Buddy Buddy).
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In uno degli appartamenti al piano terreno c’è un bimbo di tre mesi. A volte, rientrando o uscendo, incrocio nell’atrio la mamma che spinge la carrozzina e non posso fare a meno di fermarmi. Il bambino ha gli occhi spalancati e ricambia il mio sguardo, ma ho la sensazione che non abbia niente a che fare con me e con gli altri esseri umani. In un certo senso mi intimidisce. Fa pensare a un alieno venuto da qualche remota galassia. Le cellule del suo corpo percepiscono il caldo e il freddo, sono sensibili ai rumori e alla luce, ma a lui non interessa. Il suo cuore pulsa, il sangue circola e il piccolo mantice dei polmoni va su e giù a un ritmo perfetto, ma per lui non ha importanza. Ha fame, ma senza avere il concetto di fame. Sta lì nella carrozzina a succhiarsi il piedino paffuto come un piccolo panzerotto e non sa che ci sono il sole e la luna, non sa cosa sono il bene e il male, non sa di essere nato e che un giorno dovrà morire. Non sa cos’è la paura, non deve difendersi dai ricordi, non conosce l’ansia perché non progetta niente. Esiste e basta. Gli hanno dato un nome, ma lui è qualcos’altro. Starei a guardarlo per ore. È così pieno di grazia.
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“I giovani vorrebbero essere fedeli, ma non possono. I vecchi vorrebbero essere infedeli, ma non ci riescono” (Oscar Wilde).
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