T’imbrattano il muro di casa? È ineffabilmente colpa tua. Devi pagarne la ripulitura perché così impone il regolamento del decoro urbano. E quelli che te l’hanno imbrattato? Che cosa pagano, loro? Li hanno visti, presi, denunziati? Sono stati costretti a lavorare di gomito per eliminare le sozzerie affrescate? E se tu paghi, il muro ritorna lindo, e poi te lo sporcano di nuovo, la storia si ripete? Cioè, ripaghi per restituirgli l’originario aspetto e avanti così, di danno in danno, di beffa in beffa, di assurdità in assurdità?
Non stiamo citando un racconto fantasioso e improbabile. Riferiamo la situazione di Varese, dove l’amministrazione civica ha deciso per l’inflessibilità verso chi subisce un affronto, non verso chi lo commette. E l’assessore alla questione, non rendendosi conto del tuffo nel grottesco-burlesco, dichiara solidarietà buonista ai fregati: cari cittadini, non dovrete tirar fuori subito i soldi. Vi mandiamo una lettera, ve la leggete con calma ed entro un mese provvedete alla bisogna. Se non provvedete voi, provvede il Comune, che poi vi spedisce il conto a domicilio.
Ma che gentile, l’assessore. Comprensivo e provvido. Quale sostegno, quanta affezione. Però non spiega, come non l’ha mai spiegato nessuno, perché sia stata individuata una strategia che, agli occhi ingenui dei residenti, appare confliggente con la logica. Di fronte all’impazzare dei writers che lordano centro e periferie, ci si aspetterebbe (1) un rafforzamento delle misure di prevenzione e controllo: è così difficile cogliere sul fatto gente che non ci mette un minuto, ma magari una notte intera, per pennellare decine di metri quadrati di superficie? Ci si attenderebbe (2) drasticità nelle sanzioni: i colpevoli nettano, detergono, smacchiano. Con le loro forze, e di loro tasca. E infine onorano la sanzione inflittagli, perché non è ammissibile eludere almeno un multone per l’indegnità (è una vera indegnità) perpetrata ai danni di un singolo proprietario d’immobile e dell’intera cittadinanza. Si vorrebbe insomma (3) che la tolleranza fosse zero, assolutamente zero. E che l’assiduità del sorvegliare e il rigore nel punire fungessero da deterrente: se sbagli, rispondi del tuo errore. E ne rispondi di sicuro, non troverai scappatoie, né otterrai indulgenze.
Eccesso di severità verso i virtuosisti dello scarabocchio? Difetto di sintonia col proposito municipale di privilegiare il bello, pur al prezzo d’un brutto scherzo a quanti non lo meritano? Né l’una né l’altra delle due. Solo realismo, corredato dalla banale osservazione ch’é indecoroso gravare della tutela del decoro chi si è visto sfregiare, deturpare, insudiciare il suo. La prevenzione nei confronti dei maleducati, dei prepotenti, dei vandali non è mai troppa. E’ invece troppo, ma veramente troppo, il lassismo – ne ha scritto di recente su RMFonline Cesare Chiericati, chiamando alla mobilitazione collettiva – che ci fa compagnia da decenni, la debolezza nell’assumersi responsabilità forti, il coraggio di chiamare teppisti e nient’altro che teppisti tutti coloro che attentano all’immagine urbana. L’immagine è forma e sostanza insieme, è qualcosa di concretissimo e non d’astratto, d’importante e non secondario. Varese dovrebbe tenere all’immagine, e non costringere i varesini a ricostruirla onerosamente sulle macerie dell’inciviltà prodotta dai graffitari.
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