La ripresa economica in questo autunno 2013 è quasi come l’araba fenice “che ci sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa” come dice il Metastasio con una espressione ripresa poi da Lorenzo da Ponte che scrisse per Mozart il libretto del “Così fan tutte”.
Di prospettive di ripresa hanno parlato il presidente del Consiglio, il Governatore della Banca d’Italia, il ministro dell’Economia: ma tutti sono apparsi più impegnati a dare e sollecitare fiducia che non a osservare con concretezza e realismo i dati del mercato. In effetti l’unica cosa certa, e questo è comunque un elemento positivo, è che la recessione in questo 2013 è meno forte che negli anni scorsi, anzi nei grandi paesi europei sembrano moltiplicarsi i segnali positivi anche se con cifre comunque positive che si staccano solo di poco da quota zero.
L’Italia è ancora il fanalino di coda. Ha pagato più degli altri paesi il conto della crisi globale e ora rischia di agganciare più tardi la ripresa che si sta manifestando nei paesi industrializzati.
Secondo l’ultimo rapporto, di pochi giorni fa, del Centro studi Confindustria “l’Italia sta passando dalla caduta alla lenta ripresa, con un PIL destinato a salire dal -1,6% del 2013 al +0,7 del 2014, grazie soprattutto al traino dell’export. Ma l’uscita sarà lenta, e cruciale sarà la stabilità politica per rinsaldare la fiducia di imprese e famiglie. L’economia nazionale sta lentamente entrando in sintonia con il clima economico positivo che nel resto del mondo è molto più resistente e duraturo”.
E per l’industria varesina il quadro è solo leggermente migliore. Un rapporto presentato nei giorni scorsi da UBI banca per i settori della chimica e della gomma-plastica (i più importanti della provincia dopo il settore metalmeccanico) sottolinea come rimangano difficili, anche in prospettiva, le condizioni del mercato interno, mentre si sono già evidenziati negli ultimi mesi segnali di crescita sui mercati esteri. Per questo “il processo di internazionalizzazione costituisce una prerogativa essenziale” per dare prospettive di crescita da una parte e di remunerazione dei capitali investiti dall’altra. Ma guardare ai mercati esteri è altrettanto necessario quanto difficile soprattutto per imprese di dimensione medio-piccola come quelle non solo del territorio varesino, ma di tutta Italia.
Gli esempi positivi tuttavia non mancano. Non solo verso la Cina, che peraltro ha un’economia che si mantiene vivace, ma che sta perdendo progressivamente velocità e in cui la crescita della produzione viene orientata maggiormente verso il mercato interno rendendo più limitata la potenziale crescita delle importazioni. Ma anche con aziende che stanno rafforzando i tradizionali canali di sbocco verso i paesi europei e gli Stati Uniti nei quali è relativamente più facile essere presenti.
Pur con questi elementi che giustificano un certo ottimismo resta un grave problema di fondo, quello dell’occupazione. Ben difficilmente la crescita della produzione si potrà tradurre con rapidità nella creazione di posti di lavoro: in parte perché dovranno rientrare in attività le persone collocate in cassa integrazione, in parte perché potrà essere sfruttata meglio la produttività degli impianti.
Una leggera crescita comunque è meglio che nessuna crescita. Con realismo bisogna sperare che l’autunno si mantenga almeno tiepido.
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