Silvio Berlusconi darà seguito alla minaccia di far cadere il governo se il Senato, in applicazione della legge Severino approvata pochi mesi fa da tutti i partiti, decidesse la decadenza dell’uomo di Arcore da senatore?
Negli altri Paesi occidentali vale la prassi che un politico si deve dimettere anche per le più minute irregolarità; in Italia si ricorre invece ad ogni possibile interpretazione del diritto per disattendere un principio di ovvio buon senso: chi è condannato per un reato grave (e la frode fiscale è certamente tra questi) non può rappresentare i cittadini nelle istituzioni pubbliche. Il reato per il quale il premier è stato condannato riguarda peraltro il residuo di una colossale evasione che è però è stata prescritta in seguito alla modifica di leggi approvate dai suoi governi.
I seguaci di Berlusconi sostengono invece che l’ex premier, per il ruolo da lui svolto nella politica italiana, dovrebbe essere graziato o la sua pena dovrebbe essere commutata in una multa, anche se non esistono le necessarie condizioni umanitarie.
Il futuro politico di Silvio Berlusconi non sarebbe tuttavia salvaguardato dalla non applicazione di questa legge perché tra poche settimane scatterebbe la pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici che sarà decisa dalla Corte d’Appello di Milano a cuila Cassazioneha devoluto tale onere. Inoltre è pendente in appello il “ processo Ruby” per il quale Berlusconi è stato condannato in primo grado a sette anni di reclusione e alla interdizione perpetua dai pubblici uffici e il processo, assai più grave, per la corruzione del senatore De Gregorio che ha confessato di aver incassato ingenti somme per far cadere il governo Prodi.
Di questo passo non è sufficiente un solo provvedimento di grazia ma servirebbe una grazia a vita.
Per quanto alti ma non certo da tutti condivisi i meriti del politico Berlusconi, uno Stato di diritto non può abdicare al principio che tutti i cittadini sono sottoposti alla legge senza distruggere il fondamento della democrazia che comprende, oltre il voto libero, la divisione dei poteri e la legge che vale per tutti. L’opinione pubblica europea è annichilita di fronte alle manovre dei tanti “azzeccagarbugli” che si stanno adoperando per salvare l’ex premier dalla pesante condanna inflittagli. Ma dov’erano i giuristi (sempre molto vicini alla politica) quando è stata approvata la
legge? Perché non hanno eccepito allora gli attuali dubbi di costituzionalità? La decadenza, in effetti, non è una sanzione, ma un requisito elettorale (come l’età per essere ammessi o esclusi dal voto).
Applicare la legge anti-corruzione significa colmare, almeno in parte, le ragioni del distacco tra i cittadini e le istituzioni; la legge non sanziona un reato per cui varrebbe la sua irretroattività, ma deve soltanto accertare se esiste una condizione attuale di incompatibilità tra Berlusconi e il seggio di senatore. Il che non significa il disconoscimento della agibilità politica del premier in quanto i giudici hanno sospeso, per la sua età, l’applicazione della pena e pertanto Berlusconi potrà continuare a fare politica avvalendosi di una condizione privilegiata per la proprietà di reti televisive e di testate giornalistiche.
Per Berlusconi e i suoi sodali non conta il principio di legalità, che è essenziale allo Stato moderno, egli è impegnato sin dalla sua discesa in campo ad introdurre in Italia un principio limitato di democrazia in cui la giustizia deve promanare dal popolo come il giudice supremo che si è già espresso con milioni di voti a suo favore, di fatto assolvendolo.
In questo modo viene vanificata tutta la scienza giuridica: la legge è uguale per tutti i cittadini ma non per il cittadino Berlusconi, anche se condannato in via definitiva per una “enorme evasione fiscale realizzata con una società off-shore”. Questa pretesa segna però l’avvento di una società senza regole in cui “la legge si applica ai poveracci ma si interpreta per i potenti”.
Non è un caso che nel 2006 il governo Berlusconi decise di far scomparire dalla aule dei Tribunali la scritta “la legge è uguale per tutti”.
Di fronte a questa situazione i cittadini consapevoli e onesti provano disagio e vergogna perché avvertono che è in gioco non la sorte di un uomo politico ma la dignità dello Stato.
Gli italiani non capirebbero il “licenziamento” del governo Letta che è impegnato per fare uscire il Paese dalla grave crisi economica per un inutile ricatto di una persona al sistema democratico.
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