Il sito di un grande quotidiano nazionale ha istituito una sorta di consultazione permanente tra i lettori, che ad ogni notizia possono associare il loro stato d’animo.
Le opzioni sono: “indignato”, “triste”, “preoccupato”, “divertito”, “soddisfatto”.
La prevalenza indiscussa (con in media oltre un terzo dei commenti totali) è dei lettori indignati.
La Camera viene convocata ad agosto? 65% di indignati; la Camera chiude per tre settimane ad agosto? 85% di indignati.
Il ministero dell’Economia trova le risorse per la sospensione della rata IMU? 56% di indignati. Violento nubifragio a Roma? 43% di indignati.
Sbarchi di immigrati in Sicilia? 80% di indignati.
Qualcosa vorrà pur dire questa indignazione diffusa.
Intanto bisognerebbe capire se è il mezzo che l’amplifica o piuttosto che l’induce.
È sicuramente più facile cliccare che ragionare.
Se l’indignato da tastiera si trovasse di fronte, da persona a persona, la Presidente della Camera, il sottosegretario all’Economia, il Sindaco di Roma, avrebbe qualche difficoltà a concludere una discussione informata motivando il suo stato d’animo.
Le cose cambierebbero se quella discussione vedesse di fronte la donna o l’uomo delle istituzioni e qualche centinaio di indignati prêt-à-porter.
Ci immaginiamo, di fronte agli argomenti politici, economici, amministrativi, un chiassoso muro di “vergogna!” in cui la “suggestione della folla in tumulto” (è un’efficace espressione del Codice Penale del 1930 che designa una situazione in cui si possono commettere delitti…) sarebbe madre e sorella di tutte le indignazioni di piazza.
Ma la Rete, per i tastieristi più convinti, è proprio questo: non siamo forse stati travolti dalla retorica della “piazza virtuale”?
L’illusione di “partecipare” svincolata dalla responsabilità del porgere se stessi integralmente, come persone reali, produce il desiderio di prese di posizione forti, estreme, vistose.
E vi è, in aggiunta, la possibilità di vivere, per un tempo giornaliero più o meno lungo, in un altrove in cui si possono “toccare” su uno schermo cose e persone altrimenti irraggiungibili.
Mi raccontavano di un’anziana signora, che non c’era più molto con la testa, che la sera, prima di accendere il televisore, si vestiva di tutto punto e rassettava il soggiorno, perché – diceva – avrebbe avuto ospiti importanti.
Il tweet o il post diretti al “personaggio” o sul grande tema (la politica monetaria o la formazione del Milan) danno l’illusione di dialogare ma rischiano di essere soltanto la versione evoluta della storia di quell’anziana signora.
In tutto ciò ciascuno si indigna e navigando navigando si imbatte in molte pagliuzze negli occhi altrui: per ciascuna e per ciascuno, un tweet, un post, un commento cattivo.
Per le travi proprie pregasi ripassare più tardi.
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