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Il letto di Procuste

LO SAPEVANO GIÀ

LUIGI FASOLINO - 06/09/2013

“Walt Disney è sempre stato convinto che ci sono al mondo due generi di persone: quelle che amano la felicità e quelle che la odiano”. (Ray Bradbury nel suo saggio Disneyland or Disney’s Demon for Happiness).

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Fino a qualche anno fa, muoversi in certe zone del Medio Oriente era ancora possibile. Se avevi l’aria attenta e curiosa del ficcanaso invece che quella inoffensiva e stralunata del turista qualcuno ti indirizzava un’occhiata torva, o al massimo venivi preso a sassate (a me è successo dalle parti di Erzurum, Turchia orientale; alla periferia di Damasco; e nei pressi della più antica madrasa di Aleppo, la città del magico suk millenario patrimonio mondiale dell’umanità, completamente distrutto). Oggi in Siria anche se sopravvivi alla guerra rischi di essere sequestrato da una banda di tagliagole che si definiscono patrioti e ti fanno letteralmente a pezzi al grido di Allahu Akbar quando si stancano di aspettare il riscatto.

È come un processo ciclico. A un certo punto – per mille ragioni, mai per una ragione precisa – il Medio Oriente si scalda, si arroventa ed esplode, mettendo in crisi i governi dell’intero pianeta e in particolare l’amministrazione USA, che in quella tumultuosa regione non ha mai brillato per tempismo e autorevolezza. Basta riportare la memoria al lungo e sanguinoso conflitto (1980-1988) tra Iraq e Iran, la cosiddetta “prima guerra del Golfo”.

Benché il tempo abbia un effetto obsolescente su fatti e misfatti, le cose prima o poi saltano fuori come topi dalla nave che affonda. Oggi, proprio mentre il governo USA ha difficoltà a misurare le conseguenze del lancio di missili Cruise sulla Siria – una specie di sculacciata dimostrativa che consente al presidente Obama di salvare la faccia – si viene a sapere che i servizi segreti americani non hanno mosso un dito per fermare una serie di bombardamenti con l’impiego di gas nervino molto più devastanti di quelli presumibilmente sofferti il mese scorso a Damasco dai sudditi di Bashar al-Assad.

Nel 1988 gli Stati Uniti avevano acquisito dai satelliti spia una serie di informazioni che non lasciavano dubbi: approfittando di un varco nelle difese irachene l’Iran avrebbe conquistato un considerevole vantaggio strategico. Ed è stato a quel punto che l’intelligence americana ha deciso di comunicare all’Iraq l’esatta posizione delle truppe iraniane, ben sapendo che Sadam Hussein avrebbe immediatamente attaccato con armi chimiche (l’aveva già fatto contro i curdi a Halabja, uccidendone diverse centinaia), inclusi il letale Sarin e l’iprite, il terribile “gas mostarda”. Le informazioni includevano immagini e mappe dei movimenti delle truppe, le posizioni delle basi logistiche e missilistiche e la consistenza delle difese aeree iraniane.

L’esito del conflitto era prevedibile: l’Iran ha dovuto cedere e sedersi al tavolo delle trattative. I funzionari USA hanno negato a lungo di avere favorito gli attacchi chimici iracheni, insistendo sul fatto che il governo di Saddam – il cui braccio destro, guarda caso, era Ali Hassan al-Majid, meglio conosciuto come Ali il chimico – non aveva mai dichiarato di voler usare quel tipo di armi.

Ma c’è chi la vede diversamente. Un colonnello dell’Air Force che è stato attaché militare a Baghdad ha recentemente dichiarato a Foreign Policy: “È vero, gli iracheni non ci hanno mai detto che avrebbero usato il gas nervino. Non c’era bisogno che lo facessero. Lo sapevamo già”.

Ultima considerazione: in quel periodo l’inquilino della Casa Bianca era uno stivalato e ilare ex-attore di film western di serie B, l’impareggiabile Ronald Reagan.

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“Ricordo il corpo insegnante della mia scuola pubblica. Avevamo un detto: chi non sa far niente insegna e chi non sa insegnare insegna ginnastica. Quelli che neanche la ginnastica, probabilmente li destinavano alla nostra scuola”. (Woody Allen, Io e Annie).

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