Recentemente una particolare attenzione ha riscosso la proposta di fondere nel Capoluogo i Comuni adiacenti. La proposta ha sollevato una immediata reazione negativa di questi Comuni.
Induno Olona in particolare ha ricordato la sua storia di autonomia, perduta con l’aggregazione a Varese nel 1927 e riconquistata con referendum popolare nell’ultimo dopoguerra.
Questa reazione era prevedibile.
L’identità comunale si radica nella storia di ciascuna comunità e garantisce un’autonomia decisionale che oggi è prevalentemente ridotta all’uso del territorio attraverso la pianificazione comunale, all’edilizia scolastica, all’ampliamento delle aree cimiteriali, alla gestione di servizi direttamente offerti ai cittadini. Mentre è ampiamente avviata la collaborazione intercomunale che riguarda le reti principali di servizio come quelli per la distribuzione dell’acqua, del gas, per gli scarichi fognari.
Ma l’identità storica va sempre più affievolendosi: i centri storici sono spesso trascurati come realtà superate, oggi inadeguate senza le qualità della modernità. Crescono le periferie, vengono edificate le aree di separazione fra gli abitati originari.
Ricordo che negli anni ’60 del secolo scorso, incaricato della stesura del Programma di fabbricazione (era allora una delle forme della pianificazione comunale) del Comune di Induno Olona, la pianura tra la valle dell’Olona e la periferia liberty dell’abitato, che arrivava fino alla stazione ferroviaria, era totalmente libera e coltivata. Oggi è una distesa di fabbricati con scarse qualità.
La stessa cosa è avvenuta verso Casciago, Gazzada, il lago, Buguggiate.
Le ‘saldature’ edificate realizzano una città unificata? Ma la città è il luogo di una comunità, consapevole di un’appartenenza: non è un puro assembramento di volumi costruiti.
Dobbiamo prendere atto tuttavia della condizione attuale in cui viviamo. Che il ruolo delle comunità del passato deve essere ormai assunto da più vaste realtà urbane.
Le comunità del passato con le loro identità attuali certamente impoverite, ma pur sempre difese con l’affetto dell’appartenenza, devono definire oggi il loro nuovo ruolo. Un ruolo di collaborazione non solo sul piano dei servizi ai cittadini, ma anche nel progetto del futuro comune. Che non può essere più disgiunto da quello delle comunità vicine.
Tutto questo ha rilevanza sociale, civile, economica Ed è affidato necessariamente alla collaborazione. Per non essere irrilevanti.
Il nostro vasto territorio prealpino tra Otto e Novecento ha assistito alla diffusa nascita dell’industria ad opera di iniziative imprenditoriali sorprendenti, che hanno sfruttato le notevoli ricchezze energetiche ed umane presenti. La sua bellezza ha accolto le iniziative alberghiere di altri imprenditori e ancora oggi ci guardano purtroppo mute.
Oggi dobbiamo domandarci se tutto questo appartiene definitivamente al passato, se il passato non ci dà indicazioni per il progetto del nostro futuro. Le nostre bellezze ambientali e monumentali, offese e umiliate da incredibili decisioni di alcune amministrazioni succedutesi nell’ultimo dopoguerra, possono costituire una ricchezza da rimettere in gioco per una nuova città condivisa?
La presenza universitaria fortemente voluta da alcuni illuminati promotori può costituire una sede di pensiero e di proposta per il nostro progetto?
L’Università, la sua ricerca applicata al territorio, può (deve) collaborare nell’indicare nuovi orizzonti culturali, sociali, economici.
Le rappresentanze amministrative esistenti devono avviare una collaborazione che prenda atto di una nuova realtà territoriale, delle risorse potenziali disponibili, della necessità di collaborazione alla pari che sappia superare anche quel confine che eventi politici del passato hanno tracciato, che oggi resiste solo per convenienze di ristretta visione.
L’offerta che il Capoluogo varesino deve promuovere, deve consistere in una proposta di collaborazione nel rispetto di originarie autonomie che sappiano mettersi in gioco per un futuro da desiderare insieme, nel rifiuto dell’irrilevanza di un diverso futuro passivamente accettato, costruito altrove.
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