Sono belle le tre donne del governo Monti. Belle nella loro professionalità, sobrietà, riservatezza.
Belle nella loro storia di persone che hanno costruito con impegno e determinazione il ruolo di donne, professioniste, cittadine attive e responsabili.
Belle nell’avere accolto la richiesta di essere al vertice di tre importanti e decisivi dicasteri.
Belle nel non dovere dire grazie se non a loro stesse. Quantomeno nel non lasciare minimamente pensare alla possibile dietrologia di qualche compiacenza al “sesso forte”come spinta e motore dell’incarico ottenuto.
Qualche giornale, recentemente, ha titolato il loro fascino con l’epiteto “il lato C” delle donne del nuovo governo. Troppo facile l’allusione alla C di cervello, contrapposta agli ormai famosi lati A e B con cui spesso e volentieri sono stilate le classifiche del genere femminile, parlamentari e ministre comprese.
Ma forse ancora più chiaro è il riferimento a un fattore nuovo nella valorizzazione del femminile, a un elemento non preso in considerazione, almeno negli ultimi anni, per quanto riguarda i criteri di selezione e di scelta delle donne incaricate di guidare ministeri della repubblica: la competenza.
Sta di fatto che tutti hanno apprezzato lo stile del neopremier varesino anche nel puntare alla qualità professionale delle persone che ha voluto accanto a sé alla guida del Paese. Con garbo ha tracciato una linea di demarcazione netta, rispetto al recente passato, in fatto di stretto rapporto tra incarico ricoperto e competenza. I ministri sono state scelti così e gli italiani l’hanno capito.
Monti ha infatti silenziosamente scritto una bella pagina in tema di pari opportunità, senza proclami e al di fuori di ogni clamore.
Eh si, sono proprio belle queste donne che dicono l’eleganza della loro femminilità al massimo con un giro di perle. E che raccontano l’eccellenza di una professionalità seria e competente, guadagnata e costruita nel tempo. Anche di questo avevamo tanto bisogno.
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