Qualche mese fa nel dibattito politico e civile si era diffuso a macchia d’olio un nuovo “mantra” salvifico dei conti pubblici nazionali: l’abolizione delle Province. Non vi era pubblico dibattito, “pollaio” televisivo, blog e quant’altro che potesse fare a meno di affrontare lo spinoso problema. Con il consueto stile della sopraffazione verbale e delle argomentazioni a slogan di cui i media stessi sono straordinari quanto nefasti vettori.
Nei giorni scorsi l’Unione delle Province Italiane ha messo sul tavolo un accurato studio sui discussi enti intermedi a firma Università Bocconi di Milano, da sempre un marchio di qualità ma che, con il “bocconiano” Mario Monti alla Presidenza del Consiglio, ha superato in affidabilità, nell’immaginario geneticamente un po’ servile degli italiani, il pur collaudato Mulino Bianco.
Naturalmente la ricerca snocciola numeri che parlano chiaro. Dice, per esempio, che lo scorso anno la spesa totale delle Province è stata di 11,5 miliardi di euro mentre la vulgata mediatica parlava esattamente del doppio. Della spesa totale il 74% (8,6 miliardi) se ne va per le spese correnti, in buona sostanza stipendi e costi degli apparati. Ma sul totale della spesa corrente i cosiddetti “costi della politica” (spese per indennità, rimborsi, gettoni, elezioni ) sono l’ 1,4% ovvero 122 milioni di euro. La differenza tra spesa totale e spesa corrente fornisce la cifra investita: 2,9 miliardi in strade, parchi, manutenzioni, ambiente e altro. Questo dato di fatto sancito dalla ricerca della Bocconi dovrebbe contribuire a rilanciare un confronto serio e meno emotivo su questi enti locali, peraltro previsti dalla Costituzione, ma pure loro non esenti da storture, inefficienze e sprechi.
Cominciamo col dire che il loro numero è spropositato, centosette, ed è cresciuto nel tempo – erano settanta nel secondo dopoguerra – sempre su base bipartisan. Sono infatti nate Province con una popolazione trascurabile, con motivazioni assistenziali e alte spese di gestione e di rappresentanza. Secondo la ricerca le Province incidono solo per il 6,5 per cento sulla spesa complessiva annua di Regioni e Comuni (198,4 miliardi) Quest’ultimi vantano un’incidenza pro capite di 3.410 l’anno mentre le Province di 193. Cifre medie all’interno delle quali si fanno interessanti scoperte come quella che la Provincia di Varese costa ai cittadini quasi la metà del costo medio nazionale, ovvero cento euro. Un parametro virtuoso caro al Presidente Dario Galli.
Ciò non toglie che il discorso vada riaperto per porre mano a una riorganizzazione drastica in base a parametri rigidi e invalicabili attentamente studiati e soppesati. E qui sta il punto perché se l’Italia, come sostiene da anni il professor Ichino, sapesse monitorare in profondità e costantemente i costi dello Stato, sarebbe in grado di contenere la spesa pubblica con un minimo di giustizia sociale in più e qualche psicodramma in meno.
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