Giuseppe Bisi fu un vedutista molto quotato in ambito milanese.
Nacque a Genova nel 1787, fu volontario nelle campagne napoleoniche ed insegnante nel collegio reale delle fanciulle in Milano. Nel 1838 l’Accademia di Brera creò per lui la cattedra della pittura di paesaggio che egli tenne sino al 1856 con brillanti risultati e numerosi allievi. Morì a Varese il 28 ottobre 1869.
La moglie Ernesta Legnani, nata nel 1788 a Lugano o a Milano, fu allieva di Giuseppe Longhi; le sue incisioni, riproducenti spesso opere d’arte, ebbero larga e durevole fama. Fu anche acquerellista, pittrice prediligendo la ritrattistica. Fu maestra di Cristina di Belgioioso.
Morì a Milano il 13 novembre 1859. Sposò Bisi nel 1811 e fu madre di cinque figli, due delle quali diverranno come lei, e suo marito, pittrici: Antonietta (1813-1866) e Fulvia (1818-1911).
Decisa sostenitrice dell’indipendenza italiana, fu amica di molte donne della Carboneria (le cosiddette Giardiniere) e della pittrice Bianca Milesi. Il Porta le ricordò nei suoi scritti dove elenca a Giordani le personalità milanesi del tempo: «È in tra i donn la Milesi, la Legnana».
I Bisi furono artisti di successo, ebbero una bottega in Brera molto rinomata dove operavano sia il fratello sia il nipote di Giuseppe. I loro clienti erano nobili, re e imperatori.
Furono frequentatori abituali di Varese e dell’alto Varesotto di cui lasciarono parecchie opere illustranti Varese, la Valganna, la Valcuvia e Luino; alcune ci sono note solo per le incisioni tratte dagli olii.
Nel 1844 furono i protagonisti di una azione meritoria nei confronti degli abitanti di Ganna, Cunardo, Fabiasco, Cugliate, Marchirolo e Bedero Valcuvia; ecco come la narra una cronaca del 1864:
I laghetti di Gana e di Ghirla appartengono allo spedale maggiore di Milano, che gli (sic) affitta per lire 377 all’anno. La pesca vi è proibita nei mesi di marzo, aprile e maggio. Vantandovi le terre circostanti il diritto di pesca vi scendeva or l’uno or l’altro di quei terrazzani a pescarvi, ma il campaio dello spedale coltili sul fatto, era inevitabile la multa, o la prigione.
Nel 1844 i signori Bisi, lodatissimi pittori di paesaggi, villeggiando a Fabiasco, andarono a Ghirla onde pescarvi quell’eccellente pesce pérsico, ma, notati dalle guardie dovettero pagarvi la multa. Il fatto diè molto a cicalare; e i signori Bisi, udito dei diritti di pesca di quei valligiani, seppero tanto bene rovistare gli archivi di Milano, che trovarono, e fecero rivivere il decreto di Maria Teresa che riconosceva il diritto di pesca nei due laghi a favore di sei terre, cioè Gana, Cunardo, Fabiasco, Cugliate, Marchirólo e Bédero-Valcuvia; e il privilegio di distendervi in su le sponde le cánape. La pesca doveva però farsi solo con lenza e spaderno, detto ligna, non fornito di più che cinque ami ( era un lungo filo con altri fili laterali con ami ). Ai pittori Bisi si restituì il denaro, e il loro nome fu benedetto.
Nel 1872 la proprietà fu ceduta dall’ospedale di Milano ai fratelli Carrara che a loro volta la cedettero nel 1877 al solo ragionier Antonio Carrara, ma i terrieri dei paesi limitrofi succitati mantennero il privilegio.
Dal Quaglia apprendiamo le specie che vivevano in quei laghetti: gamberi, tinca, luccio, persico, alborelle, barbi oltre a “pesci bianchi di minor valore” ma non le anguille.
Oggi quali specie troviamo?
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