All’inizio della nuova enciclica Lumen fidei Papa Francesco raccoglie la sfida della mentalità moderna, che spesso considera la fede cristiana una illusione, che poco avrebbe a che vedere con la ricerca della verità e cita il giovane Nietzsche, che scriveva alla sorella “a questo punto si separano le vie dell’umanità: se vuoi raggiungere la pace dell’anima e la felicità, abbi pur fede, ma se vuoi essere discepolo della verità, allora indaga”.
Diversamente dal filosofo tedesco l’enciclica afferma che la fede non è in alternativa alla ricerca della verità, e che “proprio per il suo nesso intrinseco con la verità, la fede è capace di offrire una luce nuova”.
Nella storia del pensiero umano e della ricerca scientifica abbiamo tanti esempi di questo rafforzamento vicendevole tra fede e ricerca indomita della verità; ne vorrei qui ricordare uno tra i più significativi, Louis Pasteur, il padre della moderna microbiologia.
Pasteur, nato a Dole, in Francia, nel 1822, sposato con Marie e padre di cinque figli, era certamente un uomo di fede; tra le sue frasi celebri ne ricordo due che esprimono il suo profondo sentimento religioso ed il legame che esso aveva con la sua attività di scienziato: “ho la fede di un contadino bretone e per il momento in cui muoia spero di avere la fede della moglie del contadino bretone” (in quei tempi la Bretagna era nota per la fervente religiosità dei suoi abitanti) e “poca scienza allontana da Dio, molta scienza ti riporta a Lui”.
E durante la sua vita Pasteur di scoperte importanti ne fece molte: l’asimmetria molecolare, l’azione dei microbi nei processi di fermentazione, da cui lo sviluppo del metodo della pasteurizzazione, il ruolo dei microrganismi nella genesi di molte malattie, che vennero così riconosciute come malattie infettive, lo studio della rabbia e lo sviluppo del vaccino per trattare questa malattia mortale.
Ma di Pasteur colpiscono due caratteristiche: prima di tutto la libertà di pensiero, che lo portava ad andare anche contro-corrente, se era necessario; divenne famoso l’acceso dibattito tra lui ed alcuni illustri membri della Accademia di Francia, che sostenevano la teoria della “generazione spontanea”, secondo la quale i microrganismi avrebbero potuto prodursi in modo spontaneo da elementi inanimati; Pasteur riuscì a smentire tale teoria, con il famoso esperimento dei matracci a collo d’oca; e poi la capacità di percorrere strade nuove, come quando, di fronte ad un bambino morsicato da un cane rabbioso, Joseph Meister, Pasteur rischiò per la prima volta la somministrazione del vaccino da lui preparato contenente virus attenuati: Joseph guarì e divenne un fedele collaboratore dello scienziato che gli aveva salvato la vita.
Per terminare una nota enologica: Louis Pasteur, che può essere considerato uno dei padri della enologia moderna, oltre che della microbiologia, era un sostenitore delle proprietà “terapeutiche” del vino; “il vino è la più igienica e la più sana delle bevande” sosteneva. Recenti studi epidemiologici effettuati su larga scala gli danno ragione, in quanto dimostrano che un consumo moderato di vino riduce il rischio di eventi cardio-vascolari. Un brindisi a Pasteur e a Papa Francesco.
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