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Cultura

L’ARTISTA DELLA GEOGRAFIA

PAOLA VIOTTO - 26/07/2013

L’area dei laghi lombardi ha sempre avuto una tradizione di emigrazione artistica, dai Magistri medievali fino agli scalpellini di Viggiù attivi in tutta Europa nell’Ottocento. Anche se le mete erano di volta in volta diverse, sempre uguali, e a ben vedere alquanto ovvie, le motivazioni per la partenza: la scarsità di lavoro in patria e la presenza in altri luoghi di committenti facoltosi e disposti a spendere per maestranze altamente specializzate, soprattutto nel campo della scultura e dell’architettura. Così molti si sono mossi dalla Lombardia verso Roma tra Rinascimento e Barocco, quando la Chiesa da un lato e le grandi famiglie dall’altro facevano a gara nel mecenatismo.

Una specializzazione molto particolare era quella di Giovanni Antonio da Varese, detto il Vanosino. Non abbiamo tracce della sua attività nel nostro territorio ma sappiamo che fu attivo a Roma nei Palazzi Vaticani e poi a Caprarola nella grandiosa villa dei Farnese nella seconda metà del Cinquecento. Il suo campo era infatti la geografia, quella reale che in quegli anni stava allargando le sue conoscenze man mano che giungevano in Europa le notizie della scoperta di nuovi continenti, e quella fantastica, arricchita di mitologia e di leggende. Accanto alla geografia anche la cosmografia e la realizzazione di mappe celesti. Nel 1567 realizzò ad esempio un globo celeste, oggi conservato ai Musei Vaticani, che mostrava le principali costellazioni tolemaiche in rappresentazione convessa. Sempre a Roma, sotto Papa Pio IV lavorò nella galleria delle carte geografiche nella terza loggia vaticana, in collaborazione con il cartografo Etienne du Pérac sotto la direzione del cosmografo, geografo e matematico perugino Egnazio Danti. Sulle pareti della galleria si susseguono quaranta tavole che rappresentano le regioni d’Italia più le isole maggiori e minori in prospettiva aerea e in scala variabile da regione a regione, con una straordinaria ricchezza di dettagli

Il capolavoro del Vanosino si trova però a Caprarola, località del Viterbese dove i Farnese costruirono un’imponente dimora, inizialmente con caratteristiche difensive come testimonia la singolare pianta pentagonale e la posizione assolutamente dominante, poi trasformata in villa chiamando a lavorarvi   i migliori pittori e architetti dell’epoca.  Il Vanosino lavorò nella sala del Mappamondo affrescata tra la fine del 1573 e quella del 1575, quando il pittore, appena quarantenne, era molto noto nei circoli delle grandi famiglie romane. Sappiamo che il progetto era di un esperto studioso di cosmografia, Orazio Trigini de Marii, tanto che qualcuno pensa che il Vanosino fosse un semplice esecutore di idee altrui. Ma il fatto stesso che il committente Alessandro Farnese avesse scelto proprio lui indica che i contemporanei gli riconoscevano un particolare talento in questo campo allora in tumultuosa espansione. Come avveniva normalmente all’epoca con lui collaborarono altri artisti, tra cui probabilmente Raffaellino da Reggio, attivo anche in altre stanze della villa.

Sulle pareti sono rappresentate con grande maestria le terre allora conosciute facendo riferimento alle carte scientificamente più attendibili, come quella di Mercatore. Ma qua e là compaiono dettagli pittoreschi, come le navi e le balene che popolano i mari del sud. Più in alto ci sono i ritratti dei grandi esploratori, in primis Colombo e Magellano. Ma alzando gli occhi al soffitto si vede il cielo blu, punteggiato di stelle e popolato di figure che rappresentano le costellazioni visibili nell’emisfero settentrionale al momento del solstizio d’inverno. Ma se le figure sono un notevole esempio della scatenata fantasia manierista, la disposizione delle costellazioni è astronomicamente corretta, frutto di uno studio accurato e di conoscenze astronomiche approfondite. Questa mescolanza di scienza e immaginazione, di modernità e tradizione, costituisce il fascino più autentico di quest’opera singolare che ancor oggi è in grado di colpire il visitatore, così come un tempo deliziava gli occhi degli ospiti dei Farnese.

Una visita a Caprarola è oggi l’occasione per scoprire una delle tante meraviglie di un’Italia “provinciale” solo geograficamente ed anche di riscoprire un figlio della nostra terra, uno tra i tanti che ha saputo mettere a frutto – seppur altrove – i suoi talenti.

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