L’intenso rapporto che si è creato in questi mesi tra Papa Francesco e le folle dei fedeli mette sicuramente in risalto il bisogno che l’umanità ha di una guida sicura e di un riferimento affidabile e autorevole per la vita. La domanda che sta dietro all’entusiasmo per la figura di questo Papa è quella radicale: “ come si fa a vivere e quale può essere il senso adeguato dell’impegno di tutti i nostri giorni?”. Infatti, l’uomo di oggi non ha solo bisogno di una luce che illumini la sua esistenza, ma chiede delle ragioni e delle energie per poter costruire rapporti quotidiani significativi e positivi. Le folle che cercano il Papa mostrano che in lui hanno trovato l’essenzialità di gesti che ridanno gusto alla vita, ma non bisogna pensare che l’amore tra il Papa e la gente sia semplicemente una simpatia epidermica o un puro fatto mediatico sollecitato da un generico e semplicistico stile pauperistico. La vera ragione del successo di questo pontificato e del consenso che sta ricevendo in tutto il mondo presso tutte le categorie di persone, va ricercata nel cuore stesso della fede cui è dedicata anche la prima enciclica del suo pontificato.
Il Papa afferma che “chi crede vede: vede con una luce che illumina tutto il percorso della strada” (Lumen Fidei n.1), e questo dice non solo che la fede fa conoscere il senso delle cose ma che ci dà lo sguardo con cui Cristo guarda la realtà, contribuendo alla costruzione di un mondo in cui gli uomini possano abitare insieme, riconoscendo un destino comune e rendendosi reciprocamente affidabili. Si tratta perciò di comprendere che l’io di ciascuno di noi contribuisce all’opera storica dell’edificazione della comunione tra gli uomini nella pace e nella giustizia.
La luce della fede è in grado di valorizzare la ricchezza delle relazioni umane, la loro capacità di mantenersi, di essere affidabili, di arricchire la vita comune. Per questo il Papa si rivolge a ciascuno perché rivolgendo lo sguardo a Dio ritrovi nella luce della fede la vera sorgente anche della convivenza sociale.
Il tempo dell’estate può essere un’occasione forte per recuperare il valore di queste relazioni umane, di questi rapporti radicati nella comune fede. Le vacanze non sono il tempo dell’individualismo, ma sono l’occasione per ricordare la profondità del proprio io e rimettersi nuovamente in rapporto con altre persone. Così tutto può diventare l’occasione per incontrare l’altro e per recuperare una autenticità dello stare insieme, sia all’interno della famiglia sia all’interno di quelle comunità naturali e di quelle aggregazioni personali che costituiscono il tessuto normale dell’esistenza. Dire che l’estate è tempo di riposo vuol dire affermare che il tempo è dato per ritrovare se stessi, per riscoprire il valore del proprio io; ma al tempo stesso è l’occasione forte per riprendere un senso di vita comunitaria espressa in un’amicizia capace di condivisione. Perciò l’invito a trascorrere le vacanze in una apertura contemplativa verso la bellezza del creato in una lode continua a Dio si accompagna alla riscoperta del gusto dell’amicizia, nella bellezza dello stare insieme semplice fatto di una concorde serenità. Qualche buona lettura può aiutare il recupero della propria interiorità, ma non si può rinunciare alla coltivazione di quei rapporti umani che sono il tessuto connettivo della nostra comunità. Perciò è bello che parrocchie, oratori, gruppi, associazioni, movimenti trovino nel gesto delle vacanze l’occasione per un approfondimento della loro esperienza comunitaria di un amore fedele ed affidabile.
L’augurio di buone vacanze è di poter ritrovare un rapporto profondo con Dio gustando la bellezza delle relazioni comunitarie come rapporto profondo io-tu.
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