Alcuni giorni fa si è riunita la commissione degli ‘Amici dell’Università’ nominata dall’Associazione per esaminare le proposte di studio pervenute dagli ambienti universitari per un assegno di ricerca.
Il Consiglio si era orientato a confermare la necessità di una ricerca applicata ai problemi della città, naturalmente intesa come Area varesina. Per il legame necessario fra la presenza universitaria e il suo contributo per le scelte che la città deve compiere per il suo futuro.
Riteniamo infatti che l’Università non possa rimanere estranea ai problemi che vanno affrontati con l’urgenza necessaria in un quadro di coerenze che abbiano fondamento scientifico e creativo. Una delle proposte presentate ha considerato il rilevante problema della mobilità nell’area. Sappiamo per esperienza quotidiana quanto l’attuale sistema purtroppo disordinato della mobilità condizioni la vita di tutti noi, sia sul piano dell’efficienza e della sicurezza dei cittadini, sia sul piano delle relazioni umane. Forse non tutti ricordano, anche per ragioni di età, la condizione del trasporto pubblico fino al 1953, quando venne decisa la fine dell’era gloriosa dei tram, iniziata nell’ultimo decennio dell’800.
Negli anni ’90 scorsi la società Oikos di Bologna, incaricata per la stesura della variante al Piano regolatore del Comune di Varese, introduceva, con sorpresa per molti, l’ipotesi della realizzazione di un ‘tram moderno’, asse della mobilità pubblica, tra Bizzozero e Masnago. Su cui gemmare servizi di autobus per altre varie destinazioni urbane Si ricordava che alcune città francesi avevano già reintrodotto il tram, in una nuova versione, comoda, veloce, silenziosa.
Sono ormai passati più di quindici anni dalla proposta, ma in Comune nessuno ne parla più.
La situazione è dunque la seguente: il veicolo privato come opzione preferita, l’autobus per adolescenti e anziani, la bicicletta per coraggiosi sprezzanti del pericolo. Pedoni e disabili sui marciapiedi dove ci sono e siano praticabili.
Ma una Città-Comunità esiste se sono possibili intense relazioni sociali, l’incontro in luoghi accoglienti e significativi per raggiungere i quali occorre favorire la mobilità pubblica, pedonale, in bici. Ecco perché il tema della mobilità è centrale e preliminare anche nella redazione del Piano di governo del territorio (PGT) ancora in itinere da ormai cinque anni.
La proposta di studio dell’Università per un complessivo e coerente sistema della mobilità è stata quindi accolta con soddisfazione dagli ‘Amici dell’Università’ perché rende concreto l’auspicio della collaborazione permanente fra la Città e l’Università e dà a questa il ruolo che anche le compete nella ricerca e nella proposta a favore dell’interesse e del bene comune.
L’Università infatti non può chiudersi in sé stessa, impegnata prevalentemente su problemi di organizzazione interna, di servizio formativo per gli studenti che la frequentano. L’Università è uno dei principali luoghi pensanti della città e tale deve anche ‘fisicamente’ apparire.
È stato recentemente annunciato che la sede attuale in via Ravasi degli uffici amministrativi e del Rettorato è destinata a svuotarsi per trasferirsi al Campus di Bizzozero
Le esigenze dell’organizzazione universitaria sono evidenti. Efficienza e comodità dei servizi sarebbero assicurati. Ma rimangono ancora non sufficientemente considerati i rapporti con la Città. Che chiede di definire le necessarie relazioni con le realtà adiacenti anche oltre confine. Per una storia che ha radici comuni, per un avvenire di collaborazione e integrazione sul piano culturale ed economico di interesse comune.
Come può Varese diventare Città Universitaria? Il Campus di Bizzozero potrà certo favorire, con l’accorpamento previsto, la funzionalità dei rapporti fra l’amministrazione e le facoltà, le strutture ricettive e di convegno, ma la Città pone alcune condizioni che è necessario considerare.
Anzitutto la presenza attuale nel centro urbano (certo anche simbolica) deve essere mantenuta nell’edificio di piazza della Repubblica. Con la fruibilità delle sale esistenti per convegni ed esposizioni. E parallelamente si devono approfondire i caratteri e la saldatura del Campus alla Città. La individuazione e la qualità realizzativa di questo luogo deve essere il segno della levatura civile di questa città. L’Università costituisce un’altra parte della Città possibile e significativa
Ma diversi edifici si stanno realizzando per zone delimitate all’interno del Campus, senza evidente coordinamento. Alcune realizzazioni preoccupano per la tipologia prescelta e per il loro inserimento ambientale.
Se il Campus è una parte della Città, un’offerta e un luogo di studio e di relazione sociale nel quale il cittadino si ritrova con i concittadini e con gli studenti, la sua concezione urbanistica non può ridursi all’assemblaggio di edifici dedicati alle rispettive funzioni, privi di coordinamento e di dialogo reciproco. Si deve esigere un piano urbanistico specifico al riguardo e la connessione necessaria, urbana con l’esistente.
Credo che l’Amministrazione comunale non debba estraniarsi rispetto a questi problemi e farne accurato approfondimento nel PGT . Ed esigere un piano attuativo, se già non fosse stato presentato, di pubblica conoscenza. Città e Università, un destino necessariamente comune.
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