Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Attualità

UN PAPA PASTORE

LIVIO GHIRINGHELLI - 19/07/2013

La visita di Papa Francesco a Lampedusa, di carattere strettamente penitenziale, ha voluto scuotere l’opinione pubblica, non solo italiana, ma di tutto il mondo, dall’accidioso torpore in cui anneghiamo a causa del nostro individualismo ottuso, autoreferenziale, favorito da una cultura del benessere, che spegne ogni sensibilità. Ha giustamente colpito quella che ha definito globalizzazione dell’indifferenza e dell’irresponsabilità, anestesia del cuore che ci impedisce di vedere negli altri, specialmente negli infelici e diseredati a causa degli squilibri ed ingiustizie del mondo, dei fratelli in Cristo, figli di un Padre comune.

La nostra è la tranquillità dell’ipocrisia, di un quotidiano inautentico, in cui ci perdiamo tutti innominati, responsabili senza nome e senza volto, soprattutto senza autocoscienza. Non conosciamo più la grazia del pianto, la virtù della misericordia, per vivere in bolle di sapone, illusorie, senza prospettive di senso. Tre passi nel suo discorso: l’episodio di Caino e Abele, la strage degli innocenti, il Miserere. Nessuna (voluta) presenza di politici, una barca come altare, un ambone fatto con due pale e una ruota recuperate dai timoni dei relitti, un chiodo nel calice di legno come quello confitto nella carne di Cristo, una corona di crisantemi bianchi e gialli in onore e memoria delle tante, troppe vittime del mare. E soprattutto l’ammissione di una colpa generale, di un peccato globale, che chiama in causa le disfatte della finanza creativa, la sordità della politica e dei governi, il relativismo etico.

Tra il 2009 e il 2012 sono sessantaduemila i profughi arrivati in Italia dai paesi della disperazione. I CIE (Centri di identificazione ed espulsione) risultano inumani, mentre il business delle cooperative che li gestiscono costa allo Stato cinquantacinque milioni di euro all’anno. Negano i più elementari principi giuridici, sono spesso strumenti di vessazione e non di rado servono gli interessi delle lobby degli appalti. Per il novanta per cento da cinquecento a settecentomila persone lavorano nell’economia sommersa. Ormai c’è un’inflazione di tipi di espulsione, mentre i tempi di permanenza, dagli originari trenta giorni, sono passati ai sessanta con la Bossi-Fini, sino ai diciotto mesi attuali. Il rimpatrio è del 40,3% . E l’Italia ha in proposito un serio contenzioso, una tensione continua con la Germania per l’afflusso di immigrati dall’Italia.

Un secondo momento significativo nell’azione pastorale di Papa Francesco è la recente Enciclica Lumen Fidei, pubblicata presso San Pietro lo scorso 29 giugno, stesa, come si è detto, a quattro mani (novantasei pagine, quattro capitoli, più tre paragrafi di introduzione). Ponte tra due pontificati: l’omaggio a Ratzinger, che ha elaborato la parte più dottrinale, figura verso la fine del terzo paragrafo. Di Francesco è soprattutto l’ultima parte con l’appello finale. La fede illumina anche i rapporti fra gli uomini (il vivere sociale), perché nasce dall’amore e segue la dinamica dell’amore di Dio.Il Dio affidabile dona agli uomini una città affidabile. La sua luce si pone al servizio concreto della giustizia, del diritto e della pace, non allontana dal mondo e non risulta estranea all’impegno concreto dei nostri contemporanei. Il primo ambito si trova nella famiglia, fondata sull’unione stabile dell’uomo e della donna nel matrimonio. La fede si dilata poi in cammino fraterno; grazie a essa abbiamo capito la dignità unica della singola persona. Ci fa rispettare maggiormente la natura, facendoci riconoscere in essa una grammatica da Lui scritta e una dimora a noi affidata perché sia coltivata e custodita. Non ci fa dimenticare le sofferenze del mondo (secondo un sano realismo), ma è sempre servizio di speranza. Non facciamoci rubare la speranza (Lf 57), non permettiamo che sia vanificata con soluzioni e proposte immediate, che ci bloccano nel cammino, che “frammentano” il tempo, trasformandolo in spazio. Solo da Dio, dal futuro che viene da Gesù risorto, può trovare fondamenta solide e durature la nostra società. Beata colei che ha creduto (la Vergine Maria, Lc 1,45) con cuore integro e buono, semina nella nostra fede la gioia del Risorto.

Al fondo è la convinzione che la filosofia pone soltanto la grande domanda, cui non sa dare risposte esaurienti, non ci libera dalla paura dell’ignoto. Toccare il cuore, questo è credere (già per Sant’Agostino). Soprattutto gratia facit fidem. La fede, generata dall’amore, ricerca la verità, rifiuta le forme del fanatismo e della violenza nella sua congenita umiltà. E il Credo deve essere ecclesiale, perché la Chiesa è la “portatrice storica dello sguardo plenario di Cristo sul mondo” (citazione da Romano Guardini al capitolo primo).

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login