Sono passati una manciata di mesi e il Movimento di Beppe Grillo, dagli altari del successo, è già nella polvere delle liti e dell’irrilevanza. Negli anni Trenta del secolo scorso il sociologo Max Weber aveva formulato la sua nota teoria: il “carisma” è sempre provvisorio, dopo lo sfolgorante successo iniziale, se non si istituzionalizza, si scioglie come neve al sole.
Il Movimento Cinque Stelle è nato da una situazione analoga a quella che nel 1993 diede origine al “berlusconismo” e alla Lega di Bossi, che lo precedette di pochi anni, come fenomeno di contestazione del sistema dei partiti.
I populismi sono infatti diversi, ma tutti sono caratterizzati dalla semplificazione della realtà e dalla ideologizzazione della politica, al di là della distinzione tra la destra e la sinistra che è superata dalla realtà. Semplificazione e ideologizzazione sono le due facce di una stessa medaglia e nascono dalla necessità di dare un senso elementare alla politica, adoperando delle “scorciatoie” per evitare la complicazione dell’analisi sociale, politica ed economica e i problemi derivanti dalla complessità sociale.
I movimenti populisti si affermano in seguito ai processi di globalizzazione che hanno espulso dall’economia l’organizzazione di tipo “fordista”, hanno trasformato la stratificazione sociale con i ceti sociali differenziati al posto delle classi, hanno messo in crisi la struttura industriale dell’Occidente, accentuando il fenomeno della disoccupazione e del precariato, indebolendo lo “Stato di sicurezza sociale” che assicurava la certezza del futuro.
La società “post fordista”, smaterializzando la produzione, ha messo al centro dell’attenzione i valori post materialisti e quelli identitari, l’attenzione ai beni collettivi come quelli ambientali, gli stili di vita alternativi al consumismo indotto dal sistema capitalistico.
Questi cambiamenti hanno creato una società più povera ma anche più flessibile e insicura dove tutto, a cominciare dai legami personali e dal posto di lavoro, è provvisorio; è la “società liquida” di cui ha discettato il sociologo Zigmunt Baumann.
La crisi economica e sociale in Italia si è coniugata con la crisi morale, con la reazione contro la corruzione che, a differenza dei tempi di tangentopoli, non è più percepita come una serie di episodi che interessano i partiti, ma è valutata come sistema generalizzato.
Da questo insieme di cose, da una situazione gravissima che è sotto gli occhi di tutti, è scaturita una rivolta del “popolo sovrano”, considerato onesto e sano, contro le elite corrotte e i partiti inefficienti e interessati a perpetuare i propri privilegi, che ha portato ad una larga e condivisa delegittimazione del sistema politico.
Il concetto di populismo non è valutativo, non è una ”brutta parola” ma neppure coincide con le categorie politiche della “società fordista”; il populismo non è di destra e non è di sinistra, attrae i cittadini che provengono da queste esperienze residuali e le nuove generazioni.
Il populismo ha un’essenziale capacità di acquisire i caratteri dell’ambiente in cui si manifesta; non ha una vera e propria ideologia strutturata come sistema di idee e di valori in grado di interpretare il passato, leggere il presente e proiettarsi nel futuro; è una sindrome in cui l’organismo democratico reagisce a uno stato di malattia, a una crisi.
Fondamento del populismo è il popolo sovrano contrapposto alle istituzioni per un ideale di democrazia diretta che non ha bisogno né di mediazione né di partiti. I diversi tipi di populismo dipendono dalla differente concezione del concetto di popolo che, per la Lega di Bossi è il “popolo nazione” appartenente ad una comunità organica, sostenuta dalla storia, dalla geografia e dal vincolo di sangue. La Padania è tuttavia una costruzione artificiale e storicamente inesistente, una pseudo realtà inventata che non ha retto all’impatto con la realtà. Diverso è il populismo di Berlusconi che si basa su una affinità di sentimenti contro i vincoli e gli oneri dello Stato, si manifesta nell’individualismo dell’autorealizzazione personale e si realizza in una consonanza di idee e di interessi con il leader.
Il Movimento Cinque Stelle si riferisce unicamente alla accezione politica del termine: il popolo sovrano espropriato della sua sovranità dai partiti. Oggi la tecnica, i nuovi “social media” offrono, a differenza del passato, la possibilità che il popolo possa contare attraverso la Rete. La legge della Rete consente che “ognuno vale uno” ed offre le condizioni per combattere il nemico rappresentato dalla “casta” dai professionisti della politica.
Lega e Movimento Cinque Stelle sono fenomeni trascinati da personalità carismatiche che sono riusciti a intercettare la protesta umorale delle folle ma non sono andati oltre l’utopia (il separatismo per Bossi e la mitica Rete per Grillo); il carisma non si è tradotto in leadership. Solo la Lega, essendo legata al territorio, è riuscita a trasformarsi in un partito degli interessi locali.
A differenza dei populismi tradizionali che costituiscono una reazione alla modernità, il M5S non nasce dallo spaesamento verso il futuro, ma dal cuore della globalizzazione. Protagonista non è il popolo minuto dei disoccupati e dei precari, ma quello sofisticato del Web che rifiuta il capitalismo consumista, dissipatore delle risorse naturali e vuole attuare la “decrescita felice”.
Il populismo vuole colmare il vuoto tra la società e le istituzioni ma scivola verso forme di leadership carismatica che sono la negazione della democrazia; se non si istituzionalizza diventa un fenomeno destinato a dissolversi, oppure viene corrotto e imborghesito dal successo.
L’ascesa dei populismi è facile e spettacolare perché promette soluzioni rapide e semplici a problemi complessi ma quando deve fare i conti con la realtà l’utopia si scontra con l’irrealizzabilità pratica. Inevitabilmente i movimenti popolari riflettono il contesto plebeo e piccolo borghese in cui sono nati ed esprimono un ceto politico di pochezza intellettuale e di insulsa retorica. Sono novità che non cambiano nulla e che perpetuano gli stessi vizi che condannano a parole.
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