Decisamente Papa Francesco non smette di stupire: ogni giorno propone gesti simbolici che rendono presente in maniera immediata la freschezza della fede e la certezza del valore salvifico del Cristianesimo, come è accaduto anche nella sua recente visita a Lampedusa. Non dobbiamo però pensare ad un pontificato costellato solo di gesti, perché in realtà l’azione del Papa affonda le sue radici in una solida formazione teologica ed in un insegnamento dottrinale in piena continuità con Benedetto XVI. Lo vediamo bene nella nuova enciclica Lumen Fidei, che qualcuno ha giustamente definito scritta “a quattro mani”, poiché raccoglie gli spunti già preparati da Papa Ratzinger come sintesi dell’Anno della Fede prima della sua rinuncia al pontificato, ripresi nello stile concreto proprio di papa Bergoglio. Ne esce un documento originale, non solo per la fusione dei due diversi approcci dei due pontefici, ma soprattutto perché esso costituisce un gesto di comunione tra due Papi che si sentono totalmente consonanti all’unica tradizione della Chiesa.
Il documento è ricchissimo e di rara profondità: occorrerà leggerlo e meditarlo con molta cura, ma già ad una prima lettura emergono alcuni tratti che vale la pena di segnalare. Evitando l’equivoco di ogni intimismo, che consideri la fede come un atto puramente privato, ed anche di un sterile dogmatismo, che riduca il credere ad una serie di affermazioni teoriche cui dare un assenso formale, la fede viene presentata come esperienza integrale dell’uomo, che coinvolge tutto il suo essere e che costituisce una vera e propria visione, cioè una capacità di vedere la realtà alla luce di Cristo. “La fede è la risposta a una Parola che interpella personalmente, a un Tu che ci chiama per nome” (n.8) e coinvolge tutta la persona inserita nella storia della salvezza, a partire da Abramo e attraverso tutta la storia del popolo d’Israele, giungendo a noi attraverso la vita della Chiesa nella sua integralità. Credere significa affidarsi ad Uno che chiama, per ritrovare la luce sui sentieri dell’esistenza. La fede è un vedere che nasce dall’ascolto, ed è interessante come non si ci sia alcuna contrapposizione tra ascoltare il testimone e il vedere in atto la verità di quanto Cristo dice all’uomo in un’indisgiungibile unità tra fede ed amore.
Analizzando alcuni tratti della cultura contemporanea che vorrebbero relegare la fede in una tradizione superata o che vorrebbero paragonarla ad un sapere infantile rispetto alla precisione dei concetti del sapere scientifico, il Papa mostra come la fede sia una forma di conoscenza che riguarda la vita, aprendola alla Verità non come insieme di affermazioni giuste ed incontrovertibili, ma piuttosto come certezza della relazione con Dio. Riprendendo alcuni spunti dell’enciclica di Giovanni Paolo II Fides et Ratio, vengono riproposti i nessi fondamentali tra la fede e la ragione, nell’orizzonte più classico dettato dalla tradizione ecclesiastica. Certamente si sente qui l’eco della riflessione ratzingeriana, in una unità quasi naturale con lo stile e il temperamento di Papa Francesco. L’abbraccio tra i due è molto di più che un gesto di cortesia o di rispetto reciproco, perché dice di una amicizia ben radicata nella comune percezione del mistero di Cristo.
La Chiesapropone questa luce della fede per illuminare il dramma dell’uomo contemporaneo, rendendogli comprensibili gli enigmi della vita e offrendo risposta ai numerosi interrogativi morali che il mondo di oggi propone: nessuna astrattezza, ma una grande aderenza alla realtà, per mostrare con chiarezza che la fede riguarda l’uomo nell’interezza delle sue dimensioni, senza amputare né il sentimento di bellezza e di amicizia che muove il suo rapporto con il mondo, né il desiderio di comprendere adeguatamente il significato di tutte le cose. Ma, ricordiamolo, “l’uomo fedele è colui che crede a Dio che promette, il Dio fedele è Colui che concede ciò che ha promesso all’uomo” diceva Sant’Agostino, per cui la fede non è solo modo soggettivo con cui l’uomo risponde a Dio, ma implica anche la fedeltà di Dio che risponde. Da qui nell’ultima parte le indicazioni anche operative per la testimonianza e la trasmissione della fede nell’oggi.
Non dimentichiamo però che quest’enciclica giunge alla fine dell’anno della fede, a cinquant’anni dalla convocazione del Concilio ecumenico Vaticano II, che fu il Concilio dell’aggiornamento della Chiesa e della chiarificazione dei contenuti creduti: la fede non si confonde con nessun tipo di esperienza puramente religiosa, né tantomeno con una superstizione o con l’ideologia totalitaria violenta e fanatica. Proprio per questo, è il punto di partenza per un dialogo che non dovrà mai essere arrogante, perché la fede ci è stata donata e deve essere accolta come una luce data a tutti per illuminare la vita nell’incontro con la presenza di Cristo, il vero amico dell’esistenza che ci accompagna in tutte le circostanze.
È importante anche ricordare che il documento viene pubblicato proprio nello stesso giorno in cui si è annunciata la canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, due Papi amatissimi del XX secolo, che salgono insieme agli onori dell’altare anche per il loro modo di comunicare la fede nel mondo contemporaneo. Di questo c’è gratitudine profonda, non dimenticando la gigantesca figura di Paolo VI, il Papa che ha più influenzato il rinnovamento e la riforma della Chiesa del XX secolo, il Papa che ha in realtà condotto a termine il Concilio impedendone la deriva in senso tradizionalistico o eccessivamente progressista. A ben guardare Montini fu colui che diede contenuto al grande impeto pastorale di Giovanni XXIII, colui che creò cardinali sia Wojtyla che Ratzinger, colui che fece una significativa ed incisiva riforma della Curia consegnandola Chiesaad una maggiore collegialità tra i vescovi, colui che più di altri sentì il desiderio di andare in tutto il mondo per farsi annunciatore di Cristo come l’apostolo Paolo, colui che saper ascoltare tutte le voci di novità all’interno della Chiesa, soprattutto quelle dei movimenti ecclesiali e delle nuove associazioni, sgombrando la strada a tanti pregiudizi per riscoprirela Chiesacome comunione. E lo stesso Papa Francesco ha recentemente ricordato, in occasione del 50º dalla elezione di Paolo VI, quanto sia importante per lui tornare a leggerne i discorsi ricchi di amore per Dio,la Chiesae l’uomo.
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