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Sport

ESODI E APPRODI

ETTORE PAGANI - 28/06/2013

L’esodo non assurse mai a capitolo nella storia dello sport varesino. Quello dei suoi personaggi delle sue figure di spicco che facevano fagotto per altri lidi nonostante i buoni risultati ottenuti e l’essersi perfettamente inseriti nel clima sportivo locale.

Insomma i casi Vitucci nel basket come quelli Rosati nel calcio di freschissima edizione non avevano trovato ospitalità. Semmai altre, se del caso peggiori, situazioni: quelle sì vi avevano albergato come la liquidazione totale di marca Colantuoni (con l’approdo addirittura al fallimento) e la geniale pensata dell’autore, cessione non certo imputabile a quel meraviglioso mecenate che fu Luigi Orrigoni ma alla sua cerchia di supersprovveduti consiglieri.

Il resto nella normale amministrazione delle leggi del mercato. Nelle quali non si può, certo, fare rientrare un Rosati che pianta baracca e burattini tinti di bianco-rosso e li sostituisce con il rosso-blu per andare a fare coppia con quel Preziosi che, nei dintorni di Varese, non aveva, certo, lasciato aria respirabile a pieni polmoni.

Vero è che il contenuto del proprio portafogli ognuno è libero di gestirlo a piacimento. Ma lascino, allora, da parte proclami di amore per lo sport a qualsiasi latitudine; si parli, allora, solo di affari spostati su pretesti sportivi.

Fermo restando il fatto che il portafogli di Rosati, a Varese, non si era, sicuramente, sgonfiato. E così Varese dovrà pensare a nuovi assetti societari e tecnici che, di norma, è difficile siano produttivi.

Quanto al basket a Vitucci va riconosciuta solo una giustificazione non certo nobile ma concreta: quella che vedeva una sua nuova permanenza varesina imporgli di essere costretto a fare meglio rispetto a quanto fatto nel campionato appena terminato. Essere cioè costretto a vincere il prossimo. Che non è proprio cosa di poco conto.

È un po’, quella di Vitucci, una fuga da sgradevoli eventualità mentre i soldi non giustificano proprio nulla. Resta il fatto che noi, a Varese, a certe cose non eravamo abituati. E a darci l’abitudine non era riuscita neanche la proditoria (per parlar chiaro) fuga di Nane Vinello che a Rico Garbosi (che a Varese l’aveva fortissimamente voluto) rovinò per anni le digestioni. E – sarebbe forse il caso di aggiungere – senza la quale l’Ignis si sarebbe guadagnata un altro scudetto.

A Varese, appunto, a tali situazioni non s’è mai fatta assuefazione.

Semmai a quella simpaticissima contraria. Quella, cioè, serie di approdi che ebbe culmine nell’epoca di Giovanni Borghi quando era la nostra città terra di arrivi a dir poco illustri.

E per la verità qui insieme alla luce della gloria non mancò anche quella del brillare del dollaro a far da incentivo allo sbarco.

Da qualsiasi vento siano stati portati molto meglio gli approdi degli esodi.

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