Sulle note senza tempo di un valzer, Carlo Zanzi ci invita ad entrare in punta di piedi nella stanza degli affetti più preziosi. “Valzer par Varès” è innanzitutto una canzone, di cui Carlo è compositore e musicista. Poi, quasi “in penombra” scopriamo un libro, piccolo tesoro di trentacinque poesie e trentadue novelle, scritte dal docente e giornalista varesino tornato alle fatiche letterarie dopo anni di assenza.
Più che una collezione di scritti, le poesie sono un distillato di emozioni, di riflessioni sul significato del vivere, egualmente belle sia in italiano che in bosino. E proprio la lingua madre (non dialetto, si badi bene: mai definizione è stata più appropriata) è il linguaggio del cuore, con cui Carlo, attraverso una poetica densa e tenera, rivive il dialogo con le figure cardine della sua infanzia: la madre scomparsa qualche anno fa, e il padre. Un interrogarsi continuo, riverificando i fondamentali della vita, che trova risposte in un senso della famiglia fatto di unità, reciprocità, concretezza: valori saldi nonostante il trascorrere delle stagioni e delle generazioni. Poesie dell’età di mezzo, che ripercorrono le contraddizioni del divenire adulto e introducono la composta maturità dell’uomo diventato padre, e che presto diverrà nonno. Grazie alla possibilità di fertile interscambio che avviene all’interno delle relazioni familiari, ogni età della vita può recare doni preziosi e soprattutto è degna di essere vissuta, come spiega Carlo: “Lo dico per tutti i cinquantenni che sono intossicati dalla nostalgia del tempo che fu: non hanno sessant’anni e campano di ricordi, si precludono il futuro, stanno sprecando ciò che resta della loro vita”.
Carlo Zanzi forma il suo senso dell’esistere non solo attraverso la famiglia, bensì per osmosi, si direbbe, con tutto ciò che lo circonda: dalla natura con il suo incanto infinito, dalla città antropizzata ma sempre bella e vitale, dalla gente varesina vista in un caleidoscopio di “storie di poco interesse”, e infine dalla spiritualità che ogni angolo e cuore pervade. Carlo si esprime con una sensibilità al di sopra dei generi, tratteggiando con pennellate impressioniste un grande quadro fatto di sfumature e minimi particolari (c’è anche una poesia dedicata ad uno “zufranell”), che rimandano ad una verità superiore. Tante sono le rime che rievocano l’infanzia in una realtà contadina. Vite semplici, ma solo apparentemente senza sfumature; fiorenti di aneddoti, filastrocche, proverbi, stralci di vite in comune, sentore di buono. In questi tempi difficili, è una lettura a cui ci si aggrappa volentieri, perchè offre carezze tra le parole, emozioni pulite, sentimenti naturali come devozione e bontà, e una visione religiosa che riesce a sostanziare di dolcezza persino i rituali più tradizionali.
I racconti brevi, alcuni brevissimi, scritti in italiano, rappresentano il momento della sperimentazione e della leggerezza: storie giocose, in tono con le poesie, a tratti chiaramente autobiografiche, ospitano qui e là perle di saggezza. Un piccolo mondo antico, da conservare e tramandare insieme alle ricette di famiglia. “Sono molto diverso dal ragazzino di allora, fuori e soprattutto dentro. Continuo a sentirmi privilegiato, par vèss da Varès, come direbbe Natale Gorini. Non chiedetemi il perché. Sì, potrei dire che a Varese c’è tutto, in piccolo non manca niente, montagne laghi pianura comodità un po’ di lusso e niente drammi ed eccessi da metropoli, e neppure i silenzi soffocanti dei luoghi isolati. Ma c’è dell’altro. Oggi, come allora, allargo le braccia sullo schienale, sfioro il mio compagno di panchina, distendo le gambe molli, mi rilasso, respiro profondo e guardo davanti a me, verso il Poncione e il Monarco, verso il tozzo campanile di San Giorgio. E sto bene, nell’abbraccio caldo della mia città.”
Carlo Zanzi, Valzer par Varès, Pietro Macchione Editore, 2013. euro 15,00
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