Ecco che Milano a sedici anni dalla morte avvenuta nel 1997 si ricorda della sua grande giornalista, Camilla Cederna, lombarda di Ponte in Valtellina, radici profonde nella terra strappata dalla lotta con i confinanti Grigioni, e la onora come si sarebbe dovuto fare da parecchio tempo. Solo che allora primo cittadino era Letizia Moratti, la signora dei “salotti buoni”, moderata-borghese-conservatrice che di Camilla Cederna non aveva un giudizio tutt’altro che positivo (comunista!) e dunque aveva rinviato al mittente una proposta che poteva suonare come un’offesa.
Ora che la Moratti per fortuna di tutti è fuori gioco, dopo aver fatto parecchi danni come ministro berlusconiano all’Istruzione tagliando brutalmente i già pochi finanziamenti al settore (tanto per fare un esempio agli Istituti Storici della Resistenza e del Movimento di Liberazione non è più arrivato un euro bucato), il neo sindaco Giuliano Pisapia, in compagnia dell’Assessore Stefano Boeri, ha preso di petto il problema e lo ha risolto.
Le insulse barriere ideologiche sono cadute e il “peccato mortale” della giornalista di avere nel 1968 abbandonato il terreno mondano del suo “Lato debole”, il celebre spazio pre-gossip anni 2000 tenuto su L’Espresso e la frequentazione della borghesia milanese, per battere con tenacia e senza ambiguità il terreno spigoloso, inquietante e politicamente devastante del fenomeno politico-terroristico, a partire dalla strage di Piazza Fontana, è un lontano ricordo.
In memoria di Camilla Cederna sorge ora uno spazio di verde in largo Richini, con una targa appunto che recita “Giardino Camilla Cederna” che certamente le avrebbe fatto piacere.
Ha detto l’Assessore alla Cultura Boeri in una breve cerimonia, presenti le nipoti Giulia e Giovanna Borgese (quest’ultima moglie di Corrado Stajano): “Sono fiero di aver portato a termine l’impegno di chi mi ha preceduto perché in un momento difficile della storia di Milano, Camilla Cederna non ha mai perso la bussola di ogni vero giornalista, la ricerca della verità”.
Ha parlato anche Nando Dalla Chiesa, figlio del grande generale-prefetto abbandonato a sé stesso da uno Stato volutamente distratto, ricordando la Camilla degli anni ’80 che nella “Milano da bere”, quella dei ladroni di ogni razza, aveva aderito con generosità al “Circolo Società Civile”, prima forma d’impegno civico all’esterno del circuito dei partiti e del gioco ideologico imperante, con gesti significativi, come quello di offrire aiuti finanziari, senza che nessuno glielo avesse chiesto, ai familiari delle vittime di mafia nel corso del maxi processo di Palermo, altrimenti impossibilitati a presenziare alle udiemze.
Parole sante quelle di Boeri e Dalla Chiesa si sarebbe detto una volta perché per la verità in quegli anni tormentati mentre le forze eversive, colluse più o meno con lo Stato, non mancavano occasione per infliggere un colpo che potesse essere mortale per scardinare l’impianto istituzionale, la Cederna la verità la inseguì sempre con una forza morale esemplare pagandone anche il prezzo.
Per il suo libro “Giovanni Leone, la carriera di un Presidente”, edito nel 1978 da Feltrinelli, settecentomila copie vendute, si beccò sette querele per diffamazione e un procedimento d’ufficio di un Pm milanese in cerca di notorietà “per aver leso l’onore e il prestigio del Presidente della Repubblica “(!!), in altre parole un vilipendio.
In un mare di gazzettieri mercenari e parafascisti, il soglio del potere doveva essere al riparo da ogni ombra. I processi conobbero alti e bassi, quello di vilipendio non ebbe alcun seguito tanto poggiava sulla sabbia.
Fra le tante diffamazioni ci fu una tappa al Tribunale di Varese perché, per una legge fascista, il foro del giudizio penale doveva essere quello dove operava lo stampatore chiamato obbligatoriamente a conoscere (poveraccio!) ogni risvolto del tema!.
Anni lontani: il Procuratore della Repubblica di Varese del tempo, un maturo signore simpatizzante di destra, che in aula in vita sua non si era mai fatto vedere, quella volta fece un’eccezione rivolgendo, nella requisitoria, all’elegante signora apprezzamenti volgari prima che mediocri, per compensare la rabbia procurata da una precedente inchiesta compiuta dalla giornalista sulla “Varese nera”. Con la richiesta di condanna detentiva, il Pm aveva invocato la distruzione del malefico libro, un rogo moderno di sapore nazista, che per fortuna non avvenne. La Cederna uscì da piazza Cacciatori delle Alpi con una pena pecuniaria (un milione di multa), cifre minori per editore e per tipografo, ben quindici milioni a testa a favore dei tre querelanti.
Meglio tardi che mai ora è giunto il giardino. La sua Ponte in Valtellina, anni fa, aveva accolto la sua immensa biblioteca fra gli applausi ospitandola in una bella sede gestita dai pensionati. del posto, ex contadini e ex frontalieri.. Chi si trovasse a passare da quelle parti, patria di strepitosi “rossi”, funghi e castani, luoghi magici e solitari, farebbe buona cosa a fare una sosta.
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