Sempre sia lodato chi fa del bene.
Sempre siano lodati volontari, beneficenti, benefattori, samaritani, filantropi… Ma.
Secondo me occorre che chi fa del bene abbia consapevolezza del perché lo fa. Che si chieda: è per carità cristiana? Per solidarietà umana? Perché è più facile dare sollievo ai problemi degli altri che ai propri? Per noia? Per ricerca di gratificazione? Per avere un ruolo sociale?
La consapevolezza aiuta a capire che tipo di benefattore si è.
E magari a relativizzare il proprio “eroismo”.
Ma non basta.
Secondo me occorre anche saper fare bene il bene. E quindi chiedersi quale sia il bene che viene richiesto. Quale sia il bene che il beneficando vorrebbe. Per evitare di imporre a chi, oltre tutto, forse non può opporsi, la nostra idea di bene, che potrebbe non essere la sua.
Se questo è un parlare oscuro, si veda in chiaro quanto dice Manzoni di Donna Prassede: “il suo studio era di assecondare i voleri del cielo: ma spesso faceva un grosso sbaglio, ch’era di prender per cielo il suo cervello”… Perché… “si sa che agli uomini il bene bisogna, le più volte, farlo per forza”.
(A.Manzoni, I Promessi Sposi, Capitolo XXVII)
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