Quasi quarant’anni fa, il 4 aprile del 1976, una legge dello Stato, la 278, veniva a regolare una materia che numerosi Comuni italiani avevano, in forma autonoma e interpretativa della normativa allora esistente, già trattato: la partecipazione democratica e il decentramento amministrativo comunale.
Si pensò allora – era questa la ratio – che il moderno sviluppo della città richiedesse un decentramento dell’Ente locale attraverso corpi intermedi, nei quali non solo si attuasse una maggiore e più immediata partecipazione dei cittadini alle scelte civiche, ma anche si riconoscesse la tutela della sovranità delle più piccole unità di insediamento locale.
Per il Comune di Varese, che era nato tramite la fusione del centro con le castellanze, spesso Comuni saggiamente amministrati e “partecipati”, poteva essere il sistema per fare arrivare al Palazzo le problematiche, i disservizi, quanto più sentito e anche più trascurato dal centro.
Il sociologo milanese Andrea Borruso, ideatore a Milano negli anni Sessanta del primo comitato di quartiere, in zona Corvetto, fu uno dei padri fondatori di questo nuovo e innovativo metodo di coinvolgimento dei cittadini: eletto assessore al decentramento nel comune di Milano dal 1969 al 1973 concretizzò la sua idea creando i Consigli di zona, tentando questa nuova via di programmazione amministrativa nella redazione del bilancio.
Egli si ispirava agli intellettuali cattolici che a Bologna sotto la guida dell’onorevole Giuseppe Dossetti avevano elaborato il famoso “libro bianco”, che era il programma elettorale della Democrazia Cristiana per le elezioni cittadine del 1956. Dossetti, nel momento in cui accetta, per le amichevoli pressioni del cardinale Lercaro, la candidatura a sindaco del capoluogo emiliano, intuisce l’esigenza di iniziare una modalità nuova nella gestione municipale, in grado di rappresentare una vera alternativa alla prassi, da borghesia illuminata, della realtà amministrativa comunista di Dozza.
L’intuizione del deputato emiliano era anche quella che era venuta meno la capacità dei partiti politici tradizionali di rappresentare in via esclusiva il canale di espressione della domanda sociale.
Anche la città di Varese approvò il regolamento per il decentra mento democratico nella seduta del Consiglio comunale del 7 gennaio ‘77. Le circoscrizioni sostituirono i precedenti Consigli di zona nella misura di sei corrispondenti alla suddivisione redatta dello spazio comunale.
È impossibile a margine di questo articolo solo accennare alla storia di questa esperienza, che reputo comunque tra alti e bassi, positiva, nonostante i detrattori esistenti anche entro la macchina burocratica dello stesso Comune.
Sappiamo com’è andata a finire non solo a Varese: in fumo tutto! In nome del taglio della spesa, usando il termine italiano, si è rotto un legame e un contributo di idee e proposte mosse dal basso.
Il sindaco allarga le braccia: non si può fare diversamente e non si può dargli torto, visto i problemi di vita o di morte dell’ente locale. Ricordando che fu la Finanziaria 2009 ad abolire le Circoscrizioni il Comune ha ideato lo sportello Rioni e creato una responsabilità assessorile, affidata a Maria Ida Piazza.
È però, a parere mio, un pannicello caldo e spero che in futuro si possa ricreare il luogo di incontro che fino a pochi anni fa era il Consiglio del quartiere, di zona, la sede della Circoscrizione.
Non può essere il clic del computer il nesso con l’Ente per la soluzione di un problema e il sostituto del fisico confronto tra donne e uomini. Tanti errori o scempi sono stati fatti a Varese. Ma, ve lo assicuro, tramite il decentramento, ne sono stati evitati altri ancor più macroscopici e vergognosi.
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