Nella mente di Gigi Riva l’idea di lasciare la Nazionale. Non senza qualche ripensamento che sembra, però, non tale da far modificare il proposito.
La notizia non stimola, certo, dolori da strapparsi i capelli. Soprattutto da parte di quelli – come chi scrive – che considerano i “contorni umani” delle squadre (di calcio o di qualsiasi altro sport) discretamente inutili e soprattutto costosi con spese che se rientrano nei bilanci dei privati rientrano anche negli “affari dei privati” ma che se devono gravare sul patrimonio nazionale appaiono ancora più pesanti e come tali – vista la sostanziale pochezza dell’utilità – praticamente prive di profitto.
È, invece, giusto che, ove tali incarichi continuino a esistere siano affidati (contrariamente a quel che spesso avviene con l’indirizzo politico) a personaggi che vengano dallo sport e che allo sport, privato o pubblico, tanto possono aver dato. Così è stato per Gigi Riva premiato con cinquant’anni anni di presenza a fianco e nella nostra Nazionale di calcio.
Più che il fatto dell’abbandono dell’azzurro da parte di Riva merita sottolineare lo sparire dalla scena del nostro sport pallonaro di quel campione che Riva è stato anche se il ricordo della sua classe, presente o meno, rimarrà limpido. E vale magari anche ricordare come, pur essendo dei “nostri” quanto a nascita, non venne ritenuto degno di continuare a crescere facendo parte di una nostra gloria nonostante l’evidenza delle sue doti calcistiche.
Nato sulle rive del lago Maggiore – dopo un’infanzia abbastanza tribolata cui puntualmente sopperiva una madre impegnata, con enorme sacrificio, tra il lavoro indispensabile proprio per il sostentamento della famiglia e la cure dei figli – Gigi non poté dare sfogo a quelle qualità calcistiche – che già erano apparse evidenti sui campetti oratoriani – alle pendici del Sacro Monte. Ove, infatti, non fu ritenuto degno di una presa in considerazione. Di qui, dunque, il dirottamento, con maggior fortuna a Legnano e, poi, a Cagliari per fare echeggiare il suo “rombo di tuono” di breriana identificazione.
Il calcio varesino – quindi – gli sbatté decisamente la porta in faccia. Cosa che può capitare, sempre calcisticamente parlando, anche nelle migliori famiglie e che, per restare ancora nella stessa famiglia, capitò anche parecchi anni dopo con Di Natale, scaricato senza indugi e, sostanzialmente, senza contropartita pecuniaria, in quanto considerato non più che mediocre.
Cose che capitano, si diceva. Fatti da ricordare. Se non altro per cercare di fare il possibile per evitare che si ripetano. E forse per noi varesini vale più il caso di rimpiangere la mancata presenza in biancorosso di un grandissimo campione che l’attuale addio all’entourage della Nazionale.
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