Partono finalmente i lavori per il restauro della cripta di Santa Maria del Monte. È quanto stato annunciato nel corso della conferenza stampa tenuta il 29 maggio al Museo Baroffio a cui hanno partecipato Don Angelo Corno parroco di Santa Maria, monsignor Gilberto Donnini amministratore parrocchiale, e l’architetto Gaetano Arricobene progettista e direttore dei lavori Erano inoltre presenti, oltre ai rappresentanti del Comune e della Regione, Giorgio Gaspari della Fondazione Cariplo, e Riccardo Broggini vicepresidente della Fondazione Paolo VI per il Sacro Monte, che finanzieranno i lavori. Dopo anni di chiusura tornerà così ad essere accessibile una parte del santuario varesino di cui molti ormai ignoravano la stessa l’esistenza.
La cripta si trova infatti al di sotto dell’attuale presbiterio, ed è scavata in parte nel cuore stesso della montagna. È un piccolo ambiente con volte sostenute da esili colonnine altomedievali, rivolto verso oriente. La tradizione vuole che questo sia stato il primo luogo di culto eretto sul Monte dallo stesso Sant’Ambrogio, che dopo avere sconfitto gli eretici Ariani vi avrebbe posto un altare e una statua della Vergine Maria.
Di certo si tratta della parte più antica dell’edificio, che compare nei documenti scritti soltanto a partire dal 922, ma che esisteva sicuramente da molto più tempo. Successivamente la chiesa venne ampliata a più riprese, con la costruzione alla fine del XII secolo di una navata più grande, ornata da sculture i cui frammenti sono conservati nel Museo Baroffio. La parte più antica fu quindi usata come cripta, dove i pellegrini si recavano a pregare la Madonna e i Santi più amati, come testimoniano i numerosi affreschi devozionali, risalenti per lo più al Trecento.
Accanto alla Trinità, all’Annunciazione, alla Natività, alla Resurrezione, troviamo così le immagini di San Michele, di Santa Caterina d’Alessandria, di San Giovanni Battista, di Sant’Ambrogio e di altri ancora, dipinti da artisti anonimi con piglio assai popolaresco. E sulle pareti dipinte troviamo anche i graffiti lasciati da mani altrettanto anonime, con un’abitudine che oggi associamo al vandalismo, ma che rappresentava anch’essa una forma di devozione, un voler lasciare qualcosa di sé in un luogo sacro.
Fra i devoti alla Madonna del Monte c’erano anche i Duchi di Milano, che alla fine del Quattrocento promossero una radicale ristrutturazione dell’antichissima chiesa, chiamandovi architetti e artigiani di grido. I lavori sforzeschi diedero all’edificio l’attuale fisionomia rinascimentale con le tre absidi disposte attorno al presbiterio, ma segnarono anche l’inizio della decadenza della cripta. Ci si poteva sempre arrivare attraverso un corridoio laterale costruito lungo l’esterno della parete meridionale, ma ormai essa non era più il cuore del Santuario. Un poco alla volta questo luogo perse la primitiva importanza e la sua stessa statica venne messa a rischio dalla collocazione del massiccio altare marmoreo seicentesco al centro del presbiterio, e quindi sopra le fragili colonnine altomedioevali.
Negli anni Trenta del Novecento i timori per la sicurezza della cripta portarono alla messa in opera di pilastri in muratura e putrelle metalliche, che garantirono la stabilità delle volte a prezzo della fruibilità degli spazi. Eliminare queste sovrastrutture, rinnovare l’impiantistica, ridare visibilità agli affreschi, saranno le sfide principali dei prossimi lavori. Altrettanto interessante sarà la possibilità che gli scavi archeologici che verranno effettuati permettano di capire meglio le fasi costruttive dell’edificio, sulle quali il dibattito tra gli studiosi è ancora aperto. Ma soprattutto verrà ridata dignità a un luogo che sta alle origini della fede nel territorio varesino.
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