Avrò avuto cinque o sei anni quando accompagnai mio padre nello studio di un ingegnere allora famosissimo a Varese. Mente loro discutevano, io cominciai a giocherellare con i vari oggetti sparsi alla rinfusa sulla scrivania del professionista. Il quale, in preda ad agitazione crescente, infine mi disse: “Bambino, non mettere ordine nel mio disordine!”.
Ubbidii. E mi rimase il precetto.
Col tempo, ho preso coscienza del fatto che anch’io vivo e lavoro secondo uno stile che definisco “disordine funzionale”: sulla mia scrivania (nella mia vita?) non c’è niente che sia “ordinato”, ma io mi ci trovo benissimo.
Così quando familiari solleciti o professionisti prezzolati aspirano a mettere in ordine la mia scrivania (la mia vita?), vado in ansia come quell’ingegnere famoso. È da lui che ho imparato a star lontano da chi vuol mettere ordine nel mio disordine. Sulla scrivania come nella vita.
Almeno… ci provo.
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