In questi tempi, in cui anche nella nostra provincia si torna ad oltraggiare quella Resistenza da cui è potuta nascere la nostra Costituzione, all’insegna della libertà e della giustizia, è opportuno riproporre ad esempio una figura luminosa, che ne ha rappresentato lo spirito e le istanze migliori come ideale olocausto per il riscatto da vent’anni di tirannide: Teresio Olivelli. Nato nel 1916 da famiglia benestante a Bellagio, frequentò il ginnasio a Mortara e il Liceo Classico a Vigevano; allievo del Collegio Ghislieri a Pavia, si laureò presso la Facoltà di legge in diritto amministrativo con pieni voti e lode nel 1938. Del Collegio sarebbe diventato il più giovane rettore (la nomina è datata 21 gennaio 1943).
L’inizio del suo impegno pubblico è segnato dalla partecipazione ad attività di organizzazioni cattoliche quali l’Azione Cattolica e la FUCI, grazie anche all’influenza esercitata su di lui dallo zio arciprete Rocco Invernizzi: questi lo dissuade dall’arruolarsi come volontario nella guerra civile spagnola a fianco dei franchisti: egli la intende come una crociata dai precisi connotati religiosi volta a fermare la marea rossa iberica incarnazione del male. Non ancora soddisfatto nel suo desiderio di azione istituisce un rapporto col fascismo, difendendo un razzismo sui generis, inteso ad esaltare al contempo la civiltà romana e cristiana, di cui la stirpe italica sarebbe il prodotto, antitetico a quello nazista propugnato da Farinacci. Non una parola contro gli ebrei. Questa la ragione della sua partecipazione ai littoriali di Trieste nel 1939. Non meno significativo il suo interesse verso le attività principalmente sportive del GUF (ad esempio la sua presenza alla scuola di roccia del GUF in Val Gardena). Due viaggi ufficiali nella Germania hitleriana poi bastano a far sorgere le prime diffidenze.
Essendo la guerra ormai alle porte Olivelli non intende restare alla finestra: pensa che l’Italia possa controbilanciare la “selvaggia” forza germanica. Ottiene di essere assegnato nel 1942 come ufficiale dell’artiglieria alpina sul fronte orientale; in settembre è in prima linea colla Tridentina. Il 17 gennaio 1943 comincia la tremenda ritirata dell’Ottava Armata: tra i pochi sopravvissuti Olivelli si fa carico dei feriti con abnegazione e coraggio straordinario; uscito dall’accerchiamento affronta una marcia a piedi di duemila chilometri, rientrando alfine in Italia. Prende in mano le redini del Collegio. Il 9 settembre, mentre è di stanza a Vipiteno, è arrestato dai Tedeschi. L’8 settembre è lo spartiacque decisivo nella sua esistenza e non lo coglie impreparato. Il 20 ottobre evade dal campo di Markt Pongau, collabora a Brescia alla costituzione delle Fiamme Verdi di impronta cattolica e nel febbraio del 1944 fonda il giornale “Il ribelle”: qui compaiono i programmi di ricostruzione della società.
Nella pars construens è la radicalizzazione della dottrina sociale cattolica: uguaglianza non astratta, ma concreta, per lo sviluppo della propria personalità; attitudini e capacità come unico criterio di differenziazione; assicurazione del lavoro ad ogni costo; assegnazione della terra a chi la coltivi, a titolo individuale o cooperativo; riforma agraria sul fondamento della proprietà privata familiare, inscindibile dalla coltivazione diretta; produttori tecnici od operai progressivamente azionisti gerenti delle aziende; Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro; molteplicità delle autonomie locali e istituzionali (lo statalismo è mortificatore della libertà); la famiglia nucleo fondamentale dello Stato; condanna della scuola come feudo esclusivo delle classi dirigenti; impostazione internazionalistica; il tutto allo scopo di preparare gli spiriti e le masse a resistere all’assalto dell’abile, diffusa propaganda comunista. Urgente è il bisogno di cristianizzare il comunismo.
Il 27 aprile 1944 Olivelli è arrestato a Milano (a San Vittore e a Fossoli il calvario delle torture). Il 12 luglio riesce con uno stratagemma a sottrarsi alla fucilazione; di nuovo catturato, è trasferito al campo di Gries (Bolzano), quindi a Flossenburg e infine a Hersbruck: qui cade per un calcio allo stomaco ed un’ennesima bastonatura infertigli per la sua inesausta azione di assistenza ai compagni di sventura, più deboli in un universo concentrazionario, in cui conta ormai solo la sopravvivenza guadagnata a qualunque prezzo. Ne cura le ferite, si priva anche delle proprie scarse razioni alimentari.
I vescovi lombardi hanno approvato di recente, associandosi alla richiesta della Diocesi di Vigevano, l’iniziativa di chiedere alla Congregazione per le cause dei Santi non di riaprire, ma di insistere sull’iter di beatificazione del Servo di Dio Teresio Olivelli, abbandonando la motivazione delle virtù, essendo ormai emersa una fattispecie di carattere martiriale. Si tratta di un ulteriore passo formale e procedurale.
Ad Olivelli, morto nel ’45, sono state conferite la Medaglia d’oro al valor militare alla memoria e la Medaglia d’oro della Resistenza.
Di seguito si riporta la Preghiera del Ribelle, da lui preparata e fatta stampare per la comunione pasquale dei partigiani nel 1944, che risulta senz’altro l’espressione più alta a livello spirituale della Resistenza.
“Signore che fra gli uomini drizzasti la Tua croce segno di contraddizione, che predicasti e soffristi la rivolta dello spirito contro le perfidie e gli interessi dei dominanti, la sordità inerte della massa, a noi oppressi da un giogo numeroso e crudele, che in noi e prima di noi ha calpestato Te, fonte di libere vite, dà la forza della ribellione. Dio che sei Verità e Libertà, facci liberi e intensi: alita nel nostro proposito, tendi la nostra volontà, moltiplica le nostre forze, vestici della Tua armatura. Noi Ti preghiamo, Signore. Tu che fosti respinto, vituperato, tradito, perseguitato, crocefisso, nell’ora delle tenebre ci sostenti la Tua vittoria: sii nell’indigenza viatico, nel pericolo sostegno, conforto nell’amarezza. Quanto più si addensa e incupisce l’avversario, facci limpidi e diritti. Nella tortura serra le nostre labbra. Spezzaci, non lasciarci piegare.
Se cadremo, fa che il nostro sangue si unisca al Tuo innocente e a quello dei nostri Morti a crescere al mondo giustizia e carità. Tu che dicesti “Io sono la resurrezione e la vita” rendi nel dolore all’Italia una vita generosa e severa. Liberaci dalla tentazione degli affetti: veglia Tu sulle nostre famiglie.
Sui monti ventosi e nelle catacombe delle città, dal fondo delle prigioni, noi Ti preghiamo: sia in noi la pace che Tu solo sai dare. Dio della pace e degli eserciti, Signore che porti la spada e la gioia, ascolta la preghiera di noi ribelli per amore”.
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