Quando si pensa di risolvere problemi sociali o di vivibilità di un ambiente con misure di polizia vuol dire che gli amministratori civici hanno fallito in gran parte il loro compito. E questo vale anche davanti a problemi di ordine pubblico.
È il caso della grande piazza Repubblica di Varese dove appunto davanti, ma non solo, a ricorrenti fatti di ordine pubblico il Comune sta provvedendo alla messa a punto di un (si dice) efficiente impianto di controllo a mezzo di telecamere. Data la dubbia efficacia del provvedimento c’è da chiedersi se valga la pena spendere una importante somma di denaro pubblico per una operazione di tal genere. Ormai l’installazione di telecamere pare sia diventata di moda per contrastare ogni atto che possa arrecare danno a persone o a cose. Graffitari impenitenti imbrattano i muri di mezza città? In certi angoli cittadini si spaccia droga? In altri, malintenzionati disturbano pacifiche persone o poveracci fanno questua o vendono fiori? Mettiamoci delle telecamere.
L’occhio elettronico può controllarci ovunque, può diventare un ottimo coadiuvante per indagini ex post, ma in quanto impedire atti delittuosi la faccenda diventa assai discutibile. L’occhio elettronico richiederebbe (cosa che quasi mai avviene) un collegamento permanente in diretta 24 ore su 24 con sale di controllo delle forze di polizia.
Tornando a Piazza della Repubblica, ci sarebbe da chiedersi come mai essa sia diventata appunto un problema di ordine pubblico. E per responsabilità di chi. Siamo davanti al frutto acido di una serie di provvedimenti assunti dall’amministrazione comunale, via via nel tempo, senza rispettare o riprogrammare una destinazione pubblica di quell’immenso spazio cittadino. Senza individuarne la vocazione urbana più confacente per la vivibilità dell’ambiente. Basti pensare al passato, non così remoto, senza recriminare sul trasferimento dell’importante monumento ai Caduti dalla angusta Piazza XX Settembre al lato di fondo appunto di Piazza della Repubblica. Che per i varesini è stata per molto tempo la Piazza del Mercato, quello ambulante, contornata da un doppio viale di ombrosi ippocastani. Una piazza a disposizione di tutti i numerosi eventi cittadini, a cominciare dal Luna Park primaverile, ai circhi equestri di passaggio e di ogni iniziativa spettacolare. Con bancarelle di ortofrutta, il piccolo “mercato delle erbe” dei nostri “casbenatt” a lato del fu Mercato Coperto distrutto per fare spazio alla attuale sottospecie di teatro (quanto mai utile, sì, ma sempre sottospecie. Chiamato nientemeno “Che banca!”. Ma non han trovato proprio uno sponsor di altro nome se volevano far dimenticare il povero Apollonio?).
Era una Piazza Mercato punto di incontro permanente per i varesini, in ogni stagione dell’anno e per ogni evenienza. Poi la bella “pensata” venuta da coloro che si ritenevano magari i migliori cultori delle tradizioni varesine: spostiamo altrove il mercato ambulante e gli altri eventi per fare spazio alle automobili. Un bel parcheggio, che c’è di meglio? Contemporaneamente migliorando il passaggio delle auto verso Piazza Monte Grappa, sgombrata la strada dai troppi frequentatori del mercato! Vi immaginate i veronesi o i mantovani che spostano i “Mercati delle Erbe” dal centro storico alle periferie delle loro belle città per facilitare il traffico automobilistico? Noi a Varese ci siamo riusciti lasciando alla storia e alle tradizioni, per ora, unicamente il falò di Sant’Antonio. Non solo, ma dopo avere messo a punto il grande parcheggio sotterraneo, sul sedime della piazza abbiamo subìto le peggiori esercitazioni grafiche di progettisti privi di bussola. Privi cioè di quale funzione dovesse avere per Varese e per i suoi abitanti quell’immensa piazza. Da allora non sappiamo quanti soldi pubblici siano stati spesi per rinnovare continuamente piante ed arbusti, per modificare percorsi pedonali e costruire strutture con pergolati e quant’altro di effimero. Poche idee brillanti, ma certamente tanta confusione. Lo può constatare chiunque provi ad attraversare la piazza: deve scavalcare gradini e gradoni con percorsi quanto mai illogici. Tanto che nessuno ci prova.
E per i varesini il luogo è considerato una specie di landa deserta, anche pericolosa per presenze spesso non gradite. Attività ricreative o di intrattenimento estemporanee, isolate, finiscono sempre per avere un esito negativo. Provate a chiederlo al gestore della giostrina solitamente funzionante in Piazza del Podestà con successo e con profitto, come gli è andata nel periodo che la stessa è stata trasferita in Piazza della Repubblica. Neppure i genitori con bambini ci andavano. Nella piazza mancano condutture sotterranee di servizio ed i cavi dell’energia elettrica, all’occorrenza, vengono fatti correre in superficie, più o meno coperti per non inciampare. Alla faccia della sicurezza. Piccole dimenticanze di chi ha progettato.
È fin troppo chiaro che dove i cittadini latitano, gli spazi vengano occupati da altre presenze, talvolta solo di povera gente ma più spesso da malavitosi. Allora avanti con le telecamere…
Detto questo, anziché spendere altri soldi per controllare la piazza con le telecamere non varrebbe la pena di destinarli alla copertura delle tante buche che torturano strade e marciapiedi di tutta la città?
Piazza della Repubblica, riconosciuti onestamente gli errori commessi, va ripensata dalle radici per farla diventare vero spazio di incontro e di migliore vivibilità dei cittadini. Avendo anche lo sguardo al futuro che si aprirà per il nuovo teatro e per il vecchio Collegio Sant’Ambrogio dopo l’abbandono, ormai in atto, del complesso edilizio da parte dell’Università dell’Insubria.
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