Mentre nella manciata di pochi giorni la storia ci faceva ripiombare improvvisa nella tragedia di donne uccise da amori violenti, la nostra quotidianità si ancorava alla forza delicata e amorevole di Martina, figlia del maresciallo Giuseppe Giangrande colpito nell’agguato a Montecitorio e a quella di Ivana, moglie separata dell’attentatore, quel Luigi Preiti salito ai tristi onori della cronaca per un gesto dissennato, non si sa quanto inconsapevole o voluto.
Due donne che la sorte ha posto agli antipodi di una stessa drammatica vicenda. Due voci che, pur risuonando nettamente distinte, hanno raccontato il sapore e il calore dell’essere figlia e madre.
Tutti siamo con Martina, rafforzati dal suo giovane coraggio, dalla dignità disarmante della sua speranza, riconoscente e mai distruttiva anche nel dolore più grande.
Questa donna in erba, chiamata da una fatica apparentemente senza tregua a responsabilità immense, ha riportato al centro della riflessione collettiva il senso alto della famiglia, cuore della vita personale, relazionale, lavorativa: “Se mio padre potrà stare seduto in poltrona, gli sarò seduta di fianco, se avrà un’altra sorte io sarò comunque dove sarà lui”.
Dall’altra parte Ivana, una donna modesta, separata da un uomo che, affidate al gioco le proprie speranze, ha dilapidato anche il misero risparmio di una moglie prudente. Pur nella solitudine di un matrimonio finito, Ivana ha superato la fatica, anch’essa grande, di affrontare il giudizio dei più, dichiarandosi decisa nel non privare il figlio, nato da quella difficile unione coniugale, dell’amore per il padre. Forse passata sotto silenzio, anche questa è una scelta a suo modo capace di raccontare il valore della famiglia e della maternità.
Martina e Ivana, destinate magari a non incontrarsi mai oltre il fatale legame di quella domenica romana che ha solcato le loro vite così diverse e così distanti .
L’una, figlia da poco strappata all’amore materno e aggrappata ora a quello forte e profondo per il padre, ha riavvolto i propri sogni attorno alle urgenze di un futuro sicuramente inaspettato e distante da ogni attesa. L’altra, obbligata dalle circostanze ad una sofferenza a sua volta nell’intimo traumatica, è capace di andare oltre ogni possibile giudizio o torto personalmente subito, per lasciare che il proprio figlio conservi e costruisca in ogni caso l’amore per il papà.
Insieme queste due donne sono state risposta coraggiosa alla recente e reiterata serie di uccisioni che hanno violentemente aggredito la dignità femminile: nomi e storie di ragazze e madri assassinate si sono susseguiti in poche ore con un ritmo incalzante come la ferocia che le ha tolte alla vita.
E mentre da un lato continuava tragicamente a risuonare la voce grossa e omicida di persone incapaci di accettare la fine di un rapporto affettivo o anche semplicemente di un rifiuto, dall’altro Martina e Ivana hanno offerto il senso alto della loro femminile responsabilità individuale e collettiva. Con dignità semplice e immediata hanno messo a disposizione di tutti la loro personale e intima consapevolezza dell’amore.
La giovane Martina con la forza e il coraggio di reimpostare il corso della vita, senza fermarsi anche di fronte alla montagna di incertezze e nuove esigenze con le quali fare i conti del suo futuro di donna. Ivana chiamata a rinnovare nella solitudine il proprio ruolo di madre e di essere e sentirsi famiglia.
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